Wife of a Spy di Kiyoshi Kurosawa: recensione film Venezia 77
Recensione di Wife of a Spy di Kiyoshi Kurosawa.
Vincitore del Leone d’Argento alla regia all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, Kiyoshi Kurosawa ci porta, come suggerisce il titolo, Wife of a Spy, in una spy story melodrammatica dove una coppia combatte per restare fedele al proprio reciproco amore.
Giappone, Città di Kobe, 1940. Siamo alla vigilia dello scellerato patto d’acciaio che legherà il Giappone all’Italia e alla Germania nella Seconda Guerra Mondiale. Yusako Fukuhara (Issei Takahashi) dirige una piccola azienda che ha frequenti rapporti con l’occidente. Quando un suo fornitore inglese viene arrestato come spia, egli la ritiene un’esagerazione della Polizia Militare. Invece le cose stanno cambiando e ne è simbolo Taiji Tsumori (Ryota Bando), il nuovo capo della suddetta polizia, amico d’infanzia da sempre innamorato di Satoko (Yu Aoi), moglie di Yusako. Dopo che quest’ultimo vuole rendere pubblici gli abominevoli esperimenti compiuti dai nipponici in Manciuria che ha scoperto, la vita della coppia cambierà totalmente trasformandosi in un ginepraio d’inganni e segreti.
Primo film storico del regista giapponese, in 25 lungometraggi ha abituato il suo pubblico ad una pletora di generi cinematografici diversi. Wife of a Spy è un dramma sentimentale retto da una solida sceneggiatura la cui grande pecca è la prova attoriale dei due protagonisti, piuttosto sopra le righe. Ma visto che il film si basa sul mettere a fuoco solo ciò che conviene, per la serie “non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere”, faremo finta di non accorgerci che anche la fotografia è stata pensata per il piccolo schermo, non per niente il film è già stato trasmesso dalla televisione del Sol Levante.
Lo sguardo di Kurosawa è sempre distaccato, anzi, fin troppo distante forse proprio nell’intenzione di riflettere l’inflessibilità socio-culturale che caratterizzava all’epoca il Paese. Per questo, pur essendo una spy story, non bisogna aspettarsi grandi colpi di scena. Kurosawa rinuncia all’azione per concentrarsi sul rapporto d’amore tra i due protagonisti. Questo dà a tutta l’opera, pur non essendo affatto lenta, un andamento costante e privo di sussulti fino al finale dove si ha finalmente la sospirata deflagrazione del climax. Tutto viene costruito con sguardi, silenzi ed eleganti ombreggiature. Dunque una freddezza non solo d’azione, ma anche emotiva.