Venezia 71: Leone d’oro al piccione, tapiro d’oro a Martone

leone-oro-anderssonI premi assegnati ai festival, si sa, nascono per dividere. La critica dal pubblico. I critici tra loro. La giura dal resto del mondo (critici e pubblico). I premi assegnati quest’anno alla 71esima edizione del Festival di Venezia dividono, e molto.

Il piccione d’oro, ops il Leone d’oro, è andato al film A pigeon sat on a branch reflecting on existence dello svedese Roy Andersson. La scelta della Giuria guidata dal compositore Alexandre Desplat è una delle più criticate degli ultimi anni, sospesa tra sdegno e stupore. Ciò che più fa gridare allo scandalo è come il film di Andersson, oramai agli annali come “il film sul piccione”, possa essersi aggiudicato il massimo premio della kermesse lagunare. Diciamo che poteva tranquillamente starci il Gran Premio della Giuria o un premio speciale (c’è da stracciarsi le vesti se pensiamo che è stato aggiudicato al turco Sivas), ma non il premio come miglior film, ovvero quello che incorona l’opera più completa e compiuta sotto ogni punto di vista. Si ha quindi l’impressione, per affinità di stile registico, che Philip Gröning abbia fatto la voce grossa.

Ci sta invece tutto il Leone d’argento (Miglior Regia) a The Postman’s White Nights di Andrei Konchalovski, di grandissima personalità registica e fotografica nella composizione del quadro filmico. Così come ci sta tutto il Gran Premio della Giuria a The Look of Silence di Joshua Oppenheimer.

In merito alle Coppe Volpi, erano secoli che a stringerle non fossero i due attori (maschile e femminile) di uno stesso film. Ad alzare il pesante trofeo sono Adam Driver e Alba Rohrwacher per Hungry Hearts di Saverio Costanzo. Meritatissimo il premio a lui, un po’ meno quello a lei. Perché la Rohrwacher riceve una sorta di riconoscimento “alla carriera” per un personaggio, quello della matta, che è nel suo Dna da anni, visto e rivisto più e più volte.
Meritati poi il Premio Marcello Mastroianni al giovanissimo Romain Paul per Le dernier coup de marteau e quello alla sceneggiatura andato all’iraniano Ghesseha (Tales).

Ciò che lascia senza parole è la totale dimenticanza nel palmarès di Birdman di Inarritu e de Il giovane favoloso di Martone. Il primo è un film di indiscusso valore, che poteva vincere tutto e invece, tristemente e senza motivo, non si aggiudica nulla. Alla fine della fiera, l’opera di Inarritu sembra essere stata (ab)usata come un oggetto di richiamo, un enorme trampolino di lancio per aprire un festival privo di indiscussi capolavori. Insomma, Birdman sedotto e abbandonato…

Il vero tapiro d’oro va purtroppo al film di Mario Martone su Giacomo Leopardi. Un’opera di una portata davvero epocale, di un’estetica raffinatissima, capace di svecchiare il biopic e rendere contemporaneo uno dei più impolverati scrittori italiani dell’Ottocento. Cari membri della Giuria, non volevate dare a Martone il massimo riconoscimento? Almeno concedete con magnanimità una “marginale” Coppa Volpi ad Elio Germano! E invece no, scornato in toto. Nasce quindi un insano e maligno pensiero: che questo triste risultato possa anche essere figlio dell’errata attribuzione, lo scorso anno, del Leone d’Oro all’italiano Sacro GRA? Si insinua il subdolo tarlo mentale che, per una legge non scritta e fuori dal mondo, uno stesso Paese non possa vincere quel benedetto Leone per due anni consecutivi…

9 commenti

  • Premetto di non avere visto il film vincitore del Leone, ma giudicando dai fischi e dalle facce scontente in sala stampa durante la premiazione, deduco che non sia stato un “filmone” degno della vittoria.
    Mi dispiace molto per gli altri film in concorso che non sono riusciti ad accaparrarsi nessun premio, come Red amnesia; per quanto riguarda The posteman’s white nights, che fino alla fine lo davano come un possibile vincitore del premio, è riuscito a portarsi a casa un solo premio, comunque meritatissimo.
    Il film in gara che più mi ha deluso invece è stato Pasolini di Abel Ferarra, che secondo la mia opinione è un film di poco spessore, pur avendo una buonissima sceneggiatura come base. Film dal mio punto di vista troppo pretenzioso e da una regia scarna e superficiale.
    In compenso è ottimo l’attore protagonista William Dafoe.
    Il giovane favoloso è un buon film, non è stato uno dei miei preferiti del festival ma di sicuro qualcosa avrebbe dovuto vincere.

  • E’ cosa risaputa che i film che si portano a casa premi sono quelli che mettono d’accordo tutti. Lungo la seconda metà della Mostra non ho incontrato nessuno che criticasse la pellicola di Andersson, a parte tu, che più che la pellicola in sè, mi pare ponevi l’accento sul fatto che è inferiore (o comunque non migliore) delle sue precedenti opere (sono d’accordo). Certo, nessuno parlava male nemmeno di Martone (ci mancherebbe), però un film su Leopardi, anche esteticamente di svariate spanne sopra gli altri, ma con un personaggio che attraversi il traforo del Monte Bianco e già nessuno sa più chi sia, pensavi davvero avesse possibilità? Che mi ha fatto girare le palle, ecco, il mancato premio a Germano o a Keaton, dato invece a Driver: sarà anche bravo ma non lo sopporto, a pelle…

    • Sì, il film di Andersson è inferiore ai suoi due precedenti, i quali trattavano lo stesso tema del piccione. Ma non è tanto questo che mi fa criticare il Leone d’oro, quanto il fatto che abbia vinto il premio come miglior film, cioè quel premio che va al film più completo da ogni punto di vista. Credo che il piccione non avesse tutte queste potenzialità.
      Riguardo a Martone, credo che il suo film fosse davvero di grandissimo pregio sotto i tanti aspetti tecnici e artistici che formano il grande cinema. Martone riusciva ad andare oltre i confini italiani, liberando Leopardi da quel provincialismo che ha sempre patito. Peccato che la Giuria non lo abbia capito…

  • Io invece sono rimasto soddisfatto dai premi: ha vinto il mio favorito, quel Roy Andersson di cui – colpevolmente – non avevo mai visto niente in precedenza e che mi è piaciuto tantissimo al Lido con un film grottescamente ‘folle’ e profondo, l’unica opera davvero ‘alternativa’ di tutto il Concorso. Sono contento anche per il premio a Koncalovskij e per le due Coppe Volpi a Hungry Hearts: probabilmente a livello strettamente artistico c’era di meglio (penso a Elio Germano e la protagonista cinese di Red Amnesia) ma appare evidente che la giuria ha voluto dare il giusto riconoscimento a un bel film che altrimenti rischiava di rimanere fuori dai premi… questo mi suggerisce una riflessione: l’unico film italiano premiato è una pellicola che tratta di una storia ‘universale’, ambientata a New York ma che avrebbe potuto svolgersi in qualsiasi altra parte del mondo, comprensibile a ogni latitudine. Questo è uno dei problemi del nostro cinema, che porta a Venezia film belli e stilisticamente validi (Martone e Munzi) ma dall’argomento troppo ‘localistico’, indice di un ‘provincialismo’ che non riusciamo a staccarci di dosso…

    • Come ho già detto rispondendo al commento di Stefano, credo invece che almeno il film di Martone riuscisse nell’impresa d’andare oltre il provincialismo nostrano, e non sono l’unico a pensarlo… 🙂 Spero che il pubblico capisca maggiormente il valore di questo film davvero grande e grandioso.

    • Concordo con Sauro Scarpelli. Poi personalmente il premio che ritengo più meritato credo sia quello di Konchalovskj, The Postman’s White Nights. Aggiungo che mi dispiace non aver visto Ghesseha (Tales) per il fatto che ha vinto la Migliore Sceneggiatura.

  • “Nasce quindi un insano e maligno pensiero: che questo triste risultato possa anche essere figlio dell’errata attribuzione, lo scorso anno, del Leone d’Oro all’italiano Sacro GRA?”

    Ti cito perché ho lo stesso timore, avranno pensato, errata corrige ma hanno sbagliato ancora. Sembra quasi una barzelletta, il Leone al “piccione” e al “cane”.

    Gli unici premi che ho apprezzato sinceramente sono state le due coppe Volpi agli attori di Hungry Hurts, non ho visto “Le dernier coup de marteau” quindi non posso giudicare Romain Paul, ma lo recupererò assolutamente.

    • Mi fa piacere che anche altri abbiano quello stesso mio cattivo pensiero sui premi assegnati. Non dico sia una cosa palese, ma il dubbio è forte…

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