Venezia 71: pochi grossi nomi ma tanti registi interessanti

Mostra VeneziaNuntio vobis, gaudium magnum, habemus Venezia 71!

Dopo una lunga attesa, tanti rumors e tanti dubbi con lo spettro di un festival sottotono, sono finalmente usciti tutti i film che vedremo al Lido. Ed è un gran bel festival! La kermesse non vede nomi super-noti, ma tanti registi di valore che trovano soprattutto il plauso dei cinefili.

Oltre al già noto Birdman di Inarritu che aprirà la Mostra del Cinema il 27 agosto, in Concorso troviamo in primis l’attesissimo e già quotatissimo al Leone d’Oro The Cut di Fatih Akin con Tahar Rahim. C’è poi il grande ritorno al Lido di Al Pacino, protagonista della commedia Manglehorn di Davig Gordon Green (che l’anno scorso convinse con Joe), 99 Homes di Ramin Bahrani (che due anni fa deluse con At any price) con la storia di un ambiguo e spietato agente immobiliare che sfrutta la crisi finanziaria, Pasolini di Abel Ferrara con Willem Dafoe nei panni del grande regista italiano. E ancora lo sci-fi Good Kill di Andrew Niccol con Ethan Hawke, il nuovo documentario di Joshua Oppenheimer The Look of Silence e Fires on the Plain del visionario Shinya Tsukamoto.

La Francia scende in campo con ben 4 film in concorso: 3 coeurs di Benoit Jacquot con Benoit Polvoorde, Charlotte Gainsbourg, Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni; La rançon de la gloire di Xavier Beauvois con Nadine Labaki; Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte (vi ricordate Angèle et Tony?); Loin des hommes di David Oelhoffen con Viggo Mortensen.

La compagine italiana vede tre i candidati che terranno alta la bandiera del cinema nostrano: Il giovane favoloso di Mario Martone su Giacomo Leopardi (interpretato da Elio Germano), Hungry Hearts di Saverio Costanzo (La solitudine dei numeri primi) e Anime nere di Francesco Munzi.
Per tutti gli altri film in concorso guarda QUI.

Denso e molto interessante anche il programma dei Fuori Concorso. Sembrano assolutamente da non perdere Burying the ex di Joe Dante, The sound and the fury di James Franco (che l’anno scorso fece furore di pubblico ma non entusiasmò la critica con Child of God), The Humbling di Barry Levinson, M Keller (In the basement) del provocatorio Ulrich Seidl. Tra gli italiani spiccano La trattativa di Sabina Guzzanti sui rapporti Stato-mafia e Gabriele Salvatores con il suo esperimento di cinema collettivo Italy in a day.
Per tutti gli altri film Fuori Concorso clicca QUI.

Degna di nota anche la sezione Orizzonti, che come ogni anno include film rappresentativi di nuove tendenze estetiche ed espressive. Tra i tanti ne segnalo solo una manciata: The President di Mohsen Makhmalbaf, Hill of Freedom di Hong Sangsoo, Near Death Experience della premiata ditta Delépine-Kervern, Your Right Mind di Ami Canaan Mann e gli italiani Belluscone, una storia siciliana di Franco Maresco e La vita oscena di Renato De Maria. Per gli altri QUI.

Insomma, Venezia 71 ha tanti bei film che aspettiamo ci stupiscano! Riguardo al red carpet il glamour non abbonda, ma ci sarà da divertirsi perché sono attesi Al Pacino, Tahar Rahim, Michael Shannon, Riccardo Scamarcio, Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Amy Ryan, Naomi Watts, Elio Germano, Viggo Mortensen, Owen Wilson, Bill Murray, James Franco.

8 commenti

  • Una mostra del cinema coraggiosa e poliedrica quella imbastita quest’anno e ce n’è per tutti i gusti. Molto spazio viene dato ai volti nuovi da tutto il mondo. Una mostra è fatta di film e non di star, potrebbe anche essere pieno di nomi famosi, ma poi i film essere debolissimi (esempio di un film del genere lo abbiamo avuto recentemente con The Big Wedding). L’emozioni e gli spunti di riflessione non mancheranno!

    • Sì, sono d’accordo. Si sperava in grossi nomi come Tim Burton, ma allo stesso tempo è da un bel po’ che Burton non fa davvero un bel film. 😉
      Il festival non è solo e non è tanto una vetrina per le star. Cioè, se le star ci sono meglio, ma collegate a film belli, che valga la pena mostrare in un festival che in primis deve essere interessante. A sorpresa quest’anno Barbera ha tirato fuori dal cilindro un festival davvero curioso, vario, denso di film che spero ci appassioneranno e, perchè no, stupiranno.

  • Sono solo in parte d’accordo. Una mostra dovrebbe essere per tutti, non solo per noi cinefili, ma ormai gli Americani scelgono Toronto e New York e questo fa sì che manchino film fondamentali come quello di P.T. Anderson e David Fincher. Quest’anno non verrò ma non credo di perdermi molto. Penso che il nostro più importante festival del cinema, anche per motivi contingenti ed economici anche, sia rimasto terribilmente indietro. E le star, da che mondo è mondo, aiutano il cinema a diffondersi e non bastano mai.

    • Daniela, innanzitutto io non ho detto che la Mostra o altri festival devono essere per i cinefili. Il festival è giusto che raggiunga più spettatori e gusti possibili. Quest’anno però Venezia 71, guardando i film in concorso e fuori, è un festival che piacerà in particolare ai palati raffinati. Venezia 71 è meno “di massa” di quello dello scorso anno (su tutti ricordo il red carpet di “Gravity”). E’ più simile a quello di due anni fa, ovvero il primo Barbera bis. Anderson ci mancherà, Fincher non ne sono così sicuro, ma ci sono tanti film che secondo me possono valere molto (Oppenheimer, Niccol, Davig Gordon Green, Delaporte ad esempio). E le star ci sono, magari non pezzi da novanta come Clooney lo scorso anno, ma ci sono. E il fatto che arrivano al Lido con film “più piccoli” è un segnale da non trascurare…

  • Lorenzo Ciorcalo

    Barbera ha tratteggiato quest’anno il profilo di una Mostra audace, di non immediata accessibilità ma di sicuro impatto. Le critiche che si possono muovere alla selezione sono principalmente due: una più superficiale, l’altra più analitica. Quella più superficiale è relativa all’assenza dei cosiddetti “grandi nomi”. Con tale espressione si intende di solito indicare da parte della stampa più fiacca e del pubblico più generalista i maggiori interpreti del cinema americano. Lo star system, con conseguente indotto di gossip e colore a cui ci hanno tristemente abituato nel racconto della Mostra i quotidianisti di casa nostra. Chi concepisce un festival non come luogo di sperimentazione artistica ma come vetrina commerciale consacrata all’entertainment rimpiange i fasti mulleriani e maledice l’austerity imposta da Barbera. Comprensibile. Dovrebbe però avere l’onestà di riconoscere che rispetto agli anni di Muller non è cambiata solo l’impostazione del festival (Barbera come si sa ha un’altra idea di cinema che legittimamente porta avanti), è cambiato anche il momento storico. Le grandi produzioni americane nei festival europei investono meno. La trasferta veneziana è notoriamente carissima, non tutti vedono la necessità commerciale di sostenerla. La concezione festivaliera di Barbera, ossia quella del festival-laboratorio che investe risorse creative ed economiche su giovani talenti e/o valide idee (il successo dell’iniziativa Biennale College lo dimostra) credo catturi lo spirito del tempo. Scorrendo i nomi in Concorso quest’anno si trova il giovane turco Kaan Mujdeci che nessuno conosce ma di cui si vociferano grandi qualità. Si trova Alix Delaporte, attesa alla conferma dopo un ottimo esordio. Si trovano grandi maestri (Andersson, Konchalovsky, Ferrara su tutti), autori affermati in cerca di un’identità o già perfettamente consapevoli dei propri mezzi (ad esempio Akin, sulla carta strafavorito per la vittoria), il giusto equilibrio tra scommesse e puntate sicure. C’è un’Italia poco istituzionale (spero anche poco ombelicale), c’è il cinema americano meno paludato e c’è tanta Francia perché i francesi da anni hanno assunto con pieno merito grazie alle politiche culturali dei loro governi la leadership del cinema europeo. E qui veniamo alla seconda critica che si può muovere a Barbera: più analitica e anche più interessante. Una selezione troppo anglo-eurocentrica. Termine orrendo ma il senso è chiaro: Europa (principalmente Francia e Italia) e USA. Dov’è il resto del mondo? La presenza asiatica sembra ridotta all’osso, non c’è traccia di Africa e ancora più sorprendentemente non c’è traccia di un cinema vitale come quello sudamericano. La critica è fondata ma suona ingenerosa. Barbera non ha la stessa passione per il cinema asiatico di Muller ma non mi sembra una personalità refrattaria alle contaminazioni globali. Semplicemente la selezione di un festival fotografa un momento. Non si può decidere in anticipo di dare spazio per esempio al cinema africano, si lavora con le proposte che arrivano, con i film che si vedono, con gli spunti che offrono. Io a Barbera contesto piuttosto la scarsa presenza femminile. Sono convinto che Mia Hansen-Love e Liv Ullmann in concorso avrebbero dovuto esserci. Due donne che corrono per il leone su venti sono poche. Troppo poche.

    • Lorenzo, in primis grazie di un commento così lungo e articolato.
      Quanto dici mi trova nel complesso piuttosto d’accordo. Condivido quanto affermi in entrambe le “critiche”. E’ vero che c’è poco cinema prettamente extra-Europa ed extra-Usa, ma è difficile nelle selezioni di un festival porsi a priori dei paletti dove dire “voglio tot film africani, tot sudamericani”. Ogni annata è a sè. A me l’austerity e la sperimentazione di Barbera piacciono. Quest’anno evidentemente le carte che potevano uscire dal mazzo erano queste e sono sicuro che ha fatto il meglio che poteva fare. Quanto dici riguardo le “quote rose” è vero. Non ci avevo pensato, però è vero, e parzialmente grave. Magari Alix Delaporte sarà la paladina di tutte le donne assenti e potrebbe fare un colpaccio… le sorprese sono ciò che più ci piace ai festival, no? 😉

  • Ormai sono 15 anni che vado alla Mostra del cinema di Venezia, ed é vero che nel corso del tempo si sono persi per strada un po’ di glamour, e la presenza di grandi divi sul Red Carpet… ma mi domando: sono così necessari da far deviare ogni discorso post- conferenza stampa su questo argomento? Alla fine io vado a Venezia per vedere dei film e scoprire nuovi registi. E la cosa che amo di più del festival é quella di partecipare alla visione pubblica di un qualcosa che forse vedremo solo noi perché magari il film non otterrá distribuzione o uscirá l’anno dopo a fine agosto (vedi lo splendido e incompreso “under the skin” di glazer). Tutti che piangono l’assenza di Malick: ma voi ricordate “to the wonder”? Il terrificante monologo di Romina Mondello risuona ancora nella mia mente! Secondo me quando a un festival trovi anche solo un film che ti fa gridare al capolavoro va’ grassa e a me Barbera ne ha regalati piu’ di 2 nelle passate edizioni (spring breakers e under the skin su tutti). Insomma io credo in Barbera e credo che quest’anno vedremo cose belle, e chissenefrega se non attireranno grandi folle di pubblico pagante (che poi a me sembra che ci siano piu’ divi quest’anno di anno scorso. Esclusi bullock, clooney, scarlett chi c’era? …. Le varie dakota fanning o mia wasiskova sono conosciute piu’ fra i cinefili che fra la gente comune).

    • Giulia, il glamour non è la base di un festival, qst è vero. Però un pizzico talvolta non guasta. L’anno scorso Gravity era un gran film e portava con sè una bella botta di glamour. Diciamo che il glamour tout court è disprezzabile, quello connesso ad un film con delle qualità ci può stare.
      Mi trovi d’accordo quanto dici che il bello di un festival è vedere film che altrimenti non vedremo mai nelle nostre sale, ed è scandaloso vedere come bei film non trovino distribuzione o la trovino ma in periodi morti dell’anno tipo l’estate (penso ad es. al bellissimo “La recostruccion” dello scorso anno…).
      Sul fatto che Venezia 71 possa essere una bella edizione, anche io non ho dubbi, vedremo cose belle!
      p.s. riguardo Malick, “To the wonder” era agghiacciante, una fotocopia venuta male e (mal)centrata sull’amore di “The tree of life”. E sì, la Mondello la ricordo pure io… poveri i nostri occhi…

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