Terraferma: la recensione

terrafermaDue donne, due culture diverse, due (nuovi)mondi così lontani così vicini. E una comunità di malavoglia che s’interroga sulla contrapposizione tra legge del mare e legge dell’Istituzione. Terraferma di Emanuele Crialese, primo film italiano in concorso alla 68esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, ruota attorno ad un interrogativo: cosa fare quando si fronteggiano la sacra filosofia dell’accoglienza (legge di natura) e i severi dogmi creati dal mondo civilizzato (legge di Stato)? Se lo chiedono i pescatori di un’isola del sud d’Italia quando improvvisamente vedono approdare sulle loro coste barconi di africani, che agli occhi della Legge prendono il nome di “immigrati clandestini”.

Al suo terzo lungometraggio, Emanuele Crialese non abbandona il suo sud, fatto di stranieri alla ricerca della loro “terra promessa”, meta di un viaggio della speranza, e italiani bramosi della loro terraferma nella vita: Giulietta (Donatella Finocchiaro) desidera un futuro migliore per il figlio; Nino (Beppe Fiorello) vuole una vita tranquilla con baretto sulla spiaggia e noleggio barche per i turisti, ecc. E conferma tutti i tratti peculiari del suo cinema: il tema del mare come pericolo e salvezza, la nave come veicolo della speranza e dell’utopia, una colonna sonora liquida, roboante, subacquea. Ma anche i soliti pescatori dal sangue caldo e la barba lunga, l’odore di pesce appena pescato, motorini scorrazzanti tra le brulle terre (qui uno scooter, in Respiro era una deliziosa lambretta), donne con vesti leggere al vento, interni semplici dal sapore arcaico, l’inquadratura subacquea delle gambe in movimento dei nuotatori. Niente di nuovo, insomma, tenuto insieme da una regia priva di virtuosismi, antica e moderna allo stesso tempo, a suo modo classica.
Ma nell’orchestrare questa pellicola dalla forte valenza socio-politica, Crialese dimentica quell’aura da mito della Magna Grecia e quell’onirismo visionario che tanto ci avevano affascinato in Respiro e Nuovomondo (Leone d’Argento nel 2006). Non fugge nell’immaginazione, ma rimane saldamente ancorato all’hic et nunc, con i piedi sulla terra(ferma).

La prova del cast artistico è di prim’ordine. Degna di nota la performance di Donatella Finocchiaro, tornata (meritatamente) negli ultimi anni sotto le luci della ribalta del cinema italiano. Il suo personaggio è una donna forte, dolce e scontrosa, mascolina, dal temperamento tipicamente meridionale. Al suo fianco spicca la prova del giovane Filippo Pucillo, costante presenza nella filmografia di Crialese. Impersona un personaggio ribelle, quasi selvaggio, a tratti ridicolo, ma certamente vero.

Terraferma, stilisticamente in linea con le precedenti pellicole di Crialese, è un film coraggioso sullo scottante tema dell’immigrazione in Italia. Tanto atteso, pur non soddisfacendo a pieno le aspettative, si dimostra però opera di contenuto, che fa riflettere e ci mette a nudo come uomini prima che cittadini.

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