Love and bruises: la recensione
Un amore molesto e violento, fatto di graffi, mani strette al collo, sangue, gemiti, tradimenti. Di donne oggetto, ma anche uomini oggetto. A Lou Ye (“Sozhou River”, 2000; “Summer Palace”, 2006), talentuoso regista di Shangai, non parlate di romanticismo. Probabilmente ne ignora il significato. Consapevolmente.
Con questa forte e disturbante pellicola si sono aperte le “Giornate degli Autori” di Venezia 68. Una scelta aggressiva, che non lascia indifferenti. Come la vicenda narrata: la giovane e bella Hua, sperduta in una Parigi mostrata al minimo, è in continua ricerca di affetto e passa da un amante all’altro. Un giorno incontra Matthieu, operaio focoso come un siciliano d’altri tempi, ma anche i suoi loschi colleghi. I rapporti sentimentali e sessuali si fanno complessi, fino a deragliare su una strada inevitabile.
Giunti ai titoli di coda è automatico pensare all’impossibilità della realizzazione di un film del genere in Italia. Il cinema orientale (pur contando in questo caso su una collaborazione francese) è davvero senza tabù, limiti, barriere. Come quello di Ann Hui (Night and Fog), volendo citare un altro esempio. E Lou Ye non lascia i suoi personaggi sospesi sui concetti, né sulla superficie di letti confusamente disfatti. Scende in profondità, scava, e inscrive la vicenda in un circolo di tematiche ever green: emancipazione e dignità della donna, rapporto tra i sessi, gioco delle parti in amore, amore platonico e eros fisico. I temi si intrecciano, si scambiano di posto, frastornano lo spettatore. E alla fine della fiera è l’uomo che ne esce implicitamente sconfitto.
La regia claustrofobica e ventosa riduce al minimo gli scorci di città e indugia a lungo sui corpi dei personaggi, con morbosità. La macchina a mano affatica il nostro sguardo, ma ha il favore di sbatterci dentro le vite arruffate di Hua e Matthieu. Due personaggi ben interpretati da Corinne Yam (brava non solo ad ansimare!) e Tahar Rahim. Quest’ultimo si toglie i panni del profeta e indossa quelli del bellimbusto coi guanti sporchi da macho instancabile sul lavoro e non solo. Non inferiore la prova di Jalil Lespert (che ricordiamo come semplicemente straordinario in Pa-ra-dà di Marco Pontecorvo), torbido, approfittatore, masculo senza freni.
Insomma, Love and Bruises colpisce allo stomaco e fa tirare sospironi, una love story sui generis che stupisce proprio per il punto di vista deviato che assume sin dall’inizio, in una cornice priva di cuoricini, happy ending, sguardi languidi.
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