Una vita tranquilla: il cinema italiano è vivo – recensione
Recensione di Una vita tranquilla di Claudio Cupellini.
Ciascuno di noi ha il diritto di farsi una vita tranquilla. Anche Rosario Russo (Toni Servillo), chef cinquantenne dalla barba color fuliggine che in Germania ha messo su famiglia e gestisce un albergo-ristorante. Un giorno si presentano al bancone due ragazzi italiani, Diego ed Edoardo. Il passato bussa con prepotenza alla porta di Rosario, che viene così travolto da un vortice di eventi ritenuti sepolti da dodici anni.
Dopo aver debuttato nel nome della commedia leggera in un episodio nell’interessante 4-4-2 e con il goloso Lezioni di cioccolato, Claudio Cupellini si guadagna con merito il posto di grande regista del cinema italiano che verrà. Una vita tranquilla è una possente prova dietro la macchina da presa. Un noir senza trucco pesante, godibile da un pubblico ampio. La camorra c’è e si vede, ma senza l’eroismo dell’antimafia televisiva. L’atmosfera grigia e lugubre, il freddo delle acque e la “sacralità” della selva nera che circonda il ristorante di Rosario ricordano l’ambientazione de La ragazza del lago.
Recensione di Alaska di Claudio Cupellini
La pellicola è un puzzle perfetto di tutte le sue componenti tecnico-estetiche. Il soggetto profuma di nuovo, la sceneggiatura di ferro non lascia niente al caso, la fotografia avvolge. Nessuna inquadratura è superflua, il montaggio trascina con sé lo spettatore senza dargli il tempo di tirare il fiato, la colonna sonora tiene alta la tensione. Il giovane regista ha pure il polso fermo per guidare con veterana maestria un Toni Servillo d’annata, come solo Paolo Sorrentino era riuscito a fare nel trittico L’uomo in più, Le conseguenze dell’amore e Il divo. Servillo, vincitore della statuetta come miglior attore al Festival del Cinema di Roma 2010, è meno istrionico del solito, ma proprio per questo più intenso, concentrato, vero. Ogni sua battuta (non poche anche in tedesco, seppur con una leggera cadenza meridionale) e smorfia sul viso leggermente paffuto si traduce in emozione per Rosario e in brividi sulla schiena per lo spettatore. Al suo fianco prive di sbavature anche le prove dei due giovani Marco D’Amore e Francesco Di Leva.
Insomma, Una vita tranquilla è un’opera di pregiata fattura, destinata a non cadere nella fossa dell’oblio che colpisce molti film di oggi.
E il cinghiale?
…Senza contare la sensazione personalissima che ho avuto che alla fine il bus continuasse a rallentare, non facendo diminuire apposta la tesnione nello spettatore, come se da un momento all’altro sbucassero fuori altri killer della camorra…