The Witch: le streghe son tornate.
Bando alle ciance e veniamo subito al dunque: The Witch di Robert Eggers è senza dubbio il migliore horror degli ultimi anni.
Assolutamente riuscito sotto ogni punto di vista: regia (e non a caso ha vinto il premio per il best director al Sundance Film Festival 2015), uso del sonoro, recitazione e sceneggiatura. Quattro elementi spesso trascurati in molti horror da cassetta.
The Witch, infatti, non è un blockbuster in stile Paranormal Activity. È un horror di nicchia, di quelli che entrano subito nella sfera dei cult. E lo fa mescolando al meglio i tre più semplici topic di un “film del terrore”: il bosco, una strega e il diavolo. Ma vi aggiunge un ingrediente fondamentale: l’ambientazione passata, collocando la vicenda nell’epoca coloniale americana.
Protagonista è una famiglia costretta a ritirarsi, lontano da tutti, in un’esile fattoria sperduta nel nulla del New England. Dimenticati da tutti, forse anche da Dio, anche se loro non la pensano così. Perché il puritanesimo e il fanatismo cattolico del tempo guidano ogni azione di questa “famiglia modello” formata da padre, madre, figlia maggiore e una frotta di figli minori, tra cui due gemellini pestiferi. La scomparsa dell’ultimo arrivato, Samuel, non ancora battezzato, getta la famiglia nel panico, convinta che sia stato rapito da una strega o dal diavolo.
Ciò che sin da subito colpisce di The Witch è la cura della messinscena. Più volte si ha l’impressione di essere all’interno di un quadro, ora fiammingo ora realista (Honoré Daumier), alla luce calda di un dipinto di Georges de La Tour o al centro di uno scorcio domestico alla Vermeer. Ma c’è anche un tocco divisionista (Giovanni Segantini) e romantico (su tutti Friedrich) nella raffigurazione del bosco e in alcuni paesaggi che palesano la piccolezza dell’uomo di fronte alla natura e alla divinità.
I rumori, i dettagli, l’ambiguità di fondo si fanno presto largo in una storia in cui il sonno della ragione dei protagonisti genera mostri. Chi è che ha portato il maligno nelle mura di casa? Il caprone, i gemellini, la figlia maggiore? O è solo un’invenzione dell’uomo, una suggestione che sfugge di mano e ci porta a dubitare a dismisura di chi ci sta accanto, fino a perdere il senno e ad uccidere? Non limitandosi quindi ad essere un horror d’atmosfere, ma articolato su temi che, tra un brivido e l’altro, lasciano il tempo di riflettere, The Witch arriva letteralmente a possedere lo spettatore, proprio come il male fa con il giovanissimo (e bravissimo) protagonista. E in piena possessione, ci interroga su quanto le streghe, e il diavolo, esistano (o meno) fuori oppure dentro di noi.
Insomma, The Witch è un film assolutamente riuscito, finalmente terrificante, di quelli che gelano le vene, che ipnotizzano e osano sempre di più fino ad un finale da applausi a scena aperta.
Ciao Tommaso, se vai sul mio blog c’è un “premio” per te 🙂
http://lasediapurpureadelcinema.blogspot.it/2016/06/liebster-award-2016.html
Assolutamente d’accordo con tutto!! Un horror diverso, un horror che sembra quasi un ibrido tra il documentario etnologico e l’orrore primordiale che affligge l’essere umano fin dall’alba dei tempi. Ogni singola inquadratura sembra un dipinto empaticamente freddo ed etereo. Un incredibile horror che non da speranze, dove la cattiveria e la follia umana (e non) è in ogni singola cosa.
Ho scritto anche io un’analisi a riguardo. Se ti va, dalle un’occhiata 🙂
https://mgrexperience.wordpress.com/2016/09/07/the-witch-di-robert-eggers/