The Master: l’emozione non ha voce…
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile al duo protagonista formato da Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman e Leone d’Argento per la migliore regia a Paul Thomas Anderson all’ultimo Festival di Venezia. Due premi che pesano come macigni e creano (potenziale) volano per uno dei film più attesi degli ultimi anni (Paul Thomas Anderson se l’è tirata parecchio prima di concederlo, e concedersi, al grande pubblico). Due premi che vanno a incoronare due performance attoriali importanti, seppur barocca quella di Phoenix e costipata quella di Seymour Hoffman, e a glorificare una grazia e una maestria alla macchina da presa che abbagliano e cullano (forse verso un pisolino?).
Ma se, come diceva una storica pubblicità, la potenza è niente senza controllo, allo stesso modo ponderata tecnica e raffinata estetica sono ben poca cosa se non conditi con l’emozione, il sentimento, il coinvolgimento dello spettatore. The Master è un quadro impeccabile di fronte al quale diciamo “bello, ma non mi trasmette nulla” o un dolce goloso ma chiattone perché senza lievito. Insomma, gli ingredienti ci sono, ma non si amalgamano come tanto sperato, e tanto atteso. Conseguenza? Si (s)cade a più riprese nella noia e nella boria, per fortuna non annegandoci dentro proprio grazie all’“effetto defibrillatore” generato dai due fattori “tecnici” sopracitati.
Chissà xkè nn mi scandalizzo che la pensiamo alla stessa maniera??
Ammetto che è particolare, la sua particolarità infatti nn mi fa dire che è orrendo…xó alla fine del film mi sono chiesta: “ok…quindi? Dove si vuole andare a parare?”
Nn ci spiega nulla Anderson, se nn quando c è la battuta finale di Hoffman che dice: “se riuscirai a vivere senza un maestro vieni da me” (bene bene nn ricordo)…cn questa battuta forse il regista c ha dato qualche indizietto in più.
Ottimo cast, Hoffman poi ritengo sia in grandissimo attore…xó bo..hai detto bene Tommy, nn lascia nulla!
Sono d’accordo con te. All’uscita di sala, a Venezia, ai miei amici dissi (e continuo a ripeterlo in giro ora), che mi ha lasciato la stessa emozione provata nell’allacciarsi una scarpa… e ho detto tutto!! 😀
le voci fuori dal coro sono molteplici e ci sono anche sui quotidiani, vedi La Stampa…
D’accordo con quello che scrivi. E’ strano che un soggetto così, dei personaggi così, delle interpretazioni così poi non lascino niente (o quasi) a livello emotivo, davvero strano.
A presto.
Ciao Onesto ti ho scritto anche su N.C.Locatelli,
volevo capire cosa intendi quando scrivi che Phoenix è barocco?
Per il resto sono d’accordo con Te, è il primo film che non so ancora capire se mi è piaciuto, perchè mi sono piaciuti gli attori ma non il film.
E se il regista avesse voluto dirci che le sette appunto non “danno” nulla? E poi la scena finale non può voler dire che alla fine ciò che conta è la semplicità e l’amore?
Boh ci provo….forse mi arrampicando sugli specchi 😀
Phoenix è barocco nel senso di baroccheggiante, ridondante, stucchevole.
Credo che arrampicarsi sugli specchi sia “normale” di fronte a questo film. L’interpretazione che tu dai può starci. E dobbiamo sempre ricordarci che Scientology è un frullatone di setta e massoneria.
Phoenix dà una prova d’attore straordinaria, intensa e fisicamente travolgente. Ci sbatte in faccia l’istintintualità animalesca dell’uomo, incarnandola in un corpo sofferto e uno sguardo segnato.
Io l’ho trovato sublime.
C’è qualcosa di simile al lavoro di Daniel Day-Lewis ne Il Petroliere, in ogni caso trovo che in questo film Joaquin Phoenix ci abbia regalato una delle più grandi interpretazioni degli ultimi 20 anni.
A me ha fatto fa venire in mente le grandi parti di De Niro, tipo Toro Scatenato.