La luce sugli oceani di Derek Cianfrance: recensione
Siamo negli anni che seguono la Grande Guerra, sull’isola australiana di Janus Rock. Là, ai confini del mondo, dove si incontrano due oceani, si reca Tom (Michael Fassbender), reduce spezzato dalla guerra e la sua neo-sposa, la vivace Isabel (Alicia Vikander). Ma mentre lui si riaccende alla vita, lei si spegne a causa di due aborti. La svolta sarà una bambina portata dalle acque che diventerà fulcro di una lotta tra la madre adottiva e la madre biologica (Rachel Weisz).
La luce sugli oceani (The Light Between Oceans), in concorso alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia, è un ricco melodramma vecchia maniera. Troppo ricco. E’ come un piatto di «pornfood»: così tanto saturo di voluta sofferenza e sentimentalismo da risultare insopportabilmente stucchevole se consumato tutto in una volta. Sarebbe forse stato più adatto ad essere suddiviso in almeno quattro puntate sul canale Hallmark.
Cinicamente e con una buona dose di impudenza, il regista e sceneggiatore Derek Cianfrance mette sul piatto tutto ciò che l’omonimo best seller di M.L. Stedman, da cui è tratto, propone: guerra, solitudine, amore, tormento, famiglia, maternità, il tutto con una continua e costantemente rimarcata alternanza di salomoniche scelte, sempre in bilico tra passato e futuro, proprio come quel «Gennaio» che dà il nome all’isola e dove si dibattono le vite dei protagonisti.
Ma è proprio in merito alla trasposizione letteraria che La luce sugli oceani (The Light Between Oceans) risulta fallimentare. Cianfrance, nonostante le due ore abbondanti di pellicola, non riesce a gestire tutti gli elementi introdotti e questo lo porta inesorabilmente a rimanere come un faro spento sulle tensioni emotive, le tragedie morali, l’inevitabilità delle scelte e l’inesorabilità del destino che guidano i protagonisti nelle loro azioni. Ed è questo distacco, questa mancata esplosione emotiva, che rende il film fallimentare nel suo intento: scuotere l’animo dello spettatore.
In questa palude narrativa, per mancanza di direzione registica, si perdono le prove dei due protagonisti: Michael Fassbender ingabbiato dal silenzio e da un ruolo privo di sfumature, e Alicia Vikander al contrario un tantino sopra le righe, impegnati in un’intimità coniugale ingessata e priva di naturalezza. Brava invece Rachel Weisz, l’unica in grado di dare corpo reale ai sentimenti espressi.
scritto da Vanessa Forte.