Sinkhole di Kim Ji-hoon: recensione film
Recensione del film coreano Sinkhole di Kim Ji-hoon.
Il cinema coreano è forse il massimo esempio mondiale quando si parla di mashup e commistione di generi cinematografici. Sa coniugare alla perfezione il thriller con la commedia, il melodramma con la spy story, l’action con il film in costume. Sinkhole è un’ulteriore conferma di questa sua straordinaria peculiarità, ben sostenuta stavolta anche da una denuncia di carattere sociale rivolta alle storture (è proprio il caso di dirlo!) della comunità coreana.
Un palazzo di nuova costruzione, lontano dal centro città, si scopre leggermente pendente. È la spia di un disastro imminente: di lì a poco infatti l’intero condominio sprofonda in una voragine, imprigionando un gruppo di inquilini che farà di tutto per riaffiorare in superficie e tornare alla vita.
Sinkhole è di base una commedia, e questo è lampante sin dalla prima scena. I toni sono leggeri, ilari, comici, anche ridicoli. I personaggi hanno ciascuno una propria psicologia che emerge forte e chiara da ogni dialogo. Una commedia che però, complice una computer grafica fin troppo evidente, si mescola ben presto con situazioni da disaster movie. Gli effetti speciali si fanno sentire e vedere, non sono ben camuffati, ma poco importa. Il risultato è un film che sa intrattenere, divertire, emozionare e far riflettere su come e su dove sorgono le nostre città, in barba alla sicurezza collettiva, alla sostenibilità ambientale, al rispetto dell’altro.
Sinkhole è quindi una piccola grande sorpresa, che sa tenere alta e costante la nostra attenzione ricorrendo alle armi della risata e dello stupore, della spettacolarità e dell’intelligenza.