Seven Sisters: Noomi Rapace alla settima potenza

noomi rapace seven sistersPrendete Noomi Rapace è moltiplicatela per sette. Sette sorelle gemelle. E calatele in un futuro distopico nel quale, a causa di un’improvvisa sovrappopolazione, scatta la legge del figlio unico. I figli in più? Criosonno in attesa di tempi migliori. Della serie “a mali estremi, estremi rimedi”. Per tutti, tranne che per Terrence Settman (Willem Dafoe), che nasconde al mondo le sue sette creature e le fa crescere con l’unico nome di Karen Settman. Gli anni passano, nessuno si accorge di nulla, finché un giorno…

Seven Sisters (molto più intrigante con l’enigmatico titolo originale What Happened to Monday) ha avuto una lunga gestazione, degna del parto setti-gemellare che è alla base dello script. La sceneggiatura primogenita, concepita nel lontano 2001 dallo sceneggiatore Max Botkin, è andata anch’essa in ibernazione per quindici anni nella Black List delle migliori sceneggiature non prodotte. Poi tutto è cambiato quando è intervenuto il giovane e coraggioso regista norvegese Tommy Wirkola (Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe).

Il risultato di Seven Sisters è un’opera di grande intrattenimento. E quella di Noomi Rapace è una prova attoriale che mostra i denti e i muscoli, potente, coriacea, ma anche assai sensuale, colma di botte e trappole, molte delle quali evitate con abilità e agilità. È lei l’assoluto catalizzatore del film. Ogni sguardo, ogni passo, ogni cambio di trucco e parrucco porta con sé una tensione palpabile, che ci tiene incollati alla poltroncina. Certo, più ci spingiamo verso il finale, più qualcosa pare non tornare perfettamente a livello di intreccio e nessi narrativi, ma poco importa. Seven Sisters ha qualcosa del Quinto Elemento e di altri film del più visionario e spettacolare Luc Besson (Lucy e Nikita su tutti). Noomi Rapace è la nuova Gina Carano (ricordate Knockout – Resa dei conti di Sodebergh?), è un Jason Bourne al femminile che non teme situazioni rocambolesche al limite del credibile. Ma in fin dei conti, quando siamo nei territori del “genere”, (quasi) tutto è ammesso.

Seven Sisters, insomma, se la gioca bene in quel confine che lo spettatore medio non esita a definire tra la cazzata e la figata. Ecco sì, sta lì. E grazie ad una regia che non perde un colpo, sa essere un godibilissimo thriller action un po’ fracassone per strafogarsi (ma neppure troppo) di pop corn. Come parte del cinema, giustamente, richiede.

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