La sedia della felicità: l’insostenibile leggerezza di Mazzacurati

sediafelicitàL’insostenibile leggerezza di Carlo Mazzacurati.

La sedia della felicità, volente o nolente film-testamento di un regista del quale già sentiamo e sentiremo la mancanza, è manifesto di un tocco cinematografico che raramente potremo ritrovare nel cinema italiano prossimo venturo. Un’opera strampalata, sognante, così assurda da poter essere solo amata proprio per questo suo collocarsi al di fuori della realtà comune. Mazzacurati dà libero sfogo alla sua creatività e assembla un manipolo di personaggi di provincia che solo il Caso, o il Fato, possono salvare dal baratro del fallimento personale. Dino è uno scalcagnato tatuatore che fatica a farsi pagare in contanti dai suoi clienti, Bruna un’estetista che non ha i soldi per pagare i macchinari per il suo piccolo centro di bellezza, Padre Weiner un prete che non esita a ricorrere alla magia per raggiungere dubbi fini venali. Tre soggetti improbabili che la ricerca di un tesoro porterà sulla stessa strada, fino ad esiti, strade, vette semplicemente impensabili all’inizio di un’avventura più unica che rara…

Dopo l’acclamato, bizzarro e rispettoso La passione del 2010, Mazzacurati punta tutto sullo stra-ordinario, su una favola moderna in cui tutto (o quasi) è lecito. Cadiamo in un microcosmo fortemente “artistico” e kitch, una strana tana del Bianconiglio dove la ricerca del logico non è ammessa. Con un gusto per l’assurdo dal vago sapore russo, ma italianizzato, una giostra di personaggi che raramente nella vita reale potremmo trovare tutti insieme. C’è posto per un’indiavolata mistress, un truccatissimo mago da quattro soldi, un fioraio orientale alle porte di un cimitero e pure un orso che dulcis in fundo non ci stupirebbe vedere andare in bicicletta.

Si ride, si ride tanto, si ride bene. Mazzacurati tira fuori dal cilindro un fulgido esempio di cinema senza pensieri, che sa far svagare la testa dello spettatore con seria originalità, comico allo stato più brado e puro, narrazione di qualcosa che può esistere solo e soltanto sul grande schermo.

E giunto in fondo a questa carrellata di nonsense, il tocco del grande regista ci instilla un sense e un dubbio: d’aver assistito all’ennesima storiellina d’amore. Sì, forse sì. Ma come solo Mazzacurati poteva raccontarcela.

2 commenti

  • Ed ecco il mio primo commento sul blog onesto e spietato 2.0. Perfettamente d’accordo su tutto: ho visto ieri la lingua del santo e mi è piaciuto molto anche quello. Malinconico e come la sedia della felicità, si sente in sottofondo la crisi come ambientazione. Una piccola agigunta: la sedia della felicità si ispira come storia a un romanzo russo, Il mistero delle dodici sedie, a cui a suo tempo aveva già attinto Mel Brooks! 😉

    • Ah, non lo sapevo… io pensavo ad un film russo (del quale non ricordo il nome, non credo sia mai uscito in Italia) in cui c’è un gruppetto di soggetti assurdi che vanno in direzione di una torre che si dice teletrasporti verso la felicità… 😉

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