Post Tenebras Lux: Carlos Reygadas oltre il sogno e la realtà
Recensione del film Post Tenebras Lux del regista messicano Carlos Reygadas
Una sequenza iniziale dolcissima e desolante, una rappresentazione del diavolo onirica e luminescente, un monologo del protagonista che fotografa tutta la beffarda poesia della vita e un finale da perdere (letteralmente!) la testa. Basterebbero questi elementi per dire quanto Post Tenebras Lux di Carlos Reygadas sia un film da vedere. Un’opera che sfugge a molte categorie del cinema odierno, in particolare commerciale ed europeo. Post Tenebras Lux è allo stesso tempo così reale e così immaginifico, così terreno (nel mostrarci il mondo rurale, la natura, i corpi, la carne) e così simbolico, aulico, quasi appartenente ad un’altra dimensione.
Post Tenebras Lux, vincitore del Premio per la Miglior Regia al Festival di Cannes 2012, è una creatura multiforme, che ora si fa comprendere appieno e un attimo dopo si fa sibillina fino all’indecifrabile. In bilico tra sogno e non sogno, grazie ad un uso della macchina da presa che sfoca i contorni, come fossimo sempre in controluce, immersi in un alone luminoso fuori dalla realtà, sempre rifratta e quindi messa in discussione, Post Tenebras Lux è un cinema d’autore duro e puro, dove lo stile è contenuto, ma andandone anche oltre. Con passaggi in cui, complice uno sguardo quasi rasoterra e una fotografia che immortala ineffabili paesaggi tra la foresta e l’oceano, ricorda il cinema più lirico e riflessivo di Terrence Malick, ma anche quello simbolico e iper-naturalistico di Apichatpong Weerasethakul, alternati ad altri in cui affonda le radici nel cinema messicano e sudamericano più terroso e polveroso, il film di Reygadas, pur non essendo per tutti, è di quelli che non lasciano indifferenti.
È tutto un sogno quello che stiamo vedendo? Da un certo punto di vista, tutto il cinema è sogno. E Post Tenebras Lux lancia una sfida al nostro sguardo, al nostro desiderio di vedere la luce oltre le tenebre, di comprendere i sentimenti e il Tempo, che esiste e poi sparisce saltando avanti e indietro tra presente, passato e futuro. Un film visionario, minimalista, che forse un po’ si compiace della propria “incomunicabilità” nei confronti dello spettatore, ma allo stesso tempo un’opera dotata di una forza visiva e iconica davvero sorprendente, capace di riempirci gli occhi di bellezza prima che il cuore di significati (di cui forse non abbiamo bisogno, almeno stavolta).