Kynodontas (Dogtooth) di Yorgos Lanthimos: la recensione

Recensione di Kynodontas (Dogtooth) di Yorgos Lanthimos.

kynodontas yorgos lanthimosReclusione fisica che si fa mentale, negazione della comunicazione che si fa estromissione dalla conoscenza, isolamento dal mondo reale che si fa desiderio di fuga. In Kynodontas un padre tiene chiusi in casa (una bella e ampia villa) i tre figli, due femmine e un maschio, sin dalla nascita. I tre giovani non hanno mai abbandonato neppure per un minuto la dimora natia, non sono mai usciti dal recinto che, come una gabbia di mura altissime, li tiene lontani dal mondo reale. Tutto è mediato e pilotato dai genitori, che li educano privandoli della vita, delle emozioni, del vero significato delle parole.

Kynodontas (Dogtooth) di Yorgos Lanthimos, vincitore della sezione Un Certain Regard al 62esimo Festival di Cannes e candidato della Grecia come miglior film straniero ai premi Oscar 2011, è un’opera che ci scuote dentro, pur ricorrendo ad uno stile pacatissimo, che non eccede né nei movimenti di macchina né nella messinscena. I toni e l’atmosfera sono rarefatti, quasi anestetizzati, da un uso della parola che domina la narrazione, fino a livellare volontariamente la realtà e confinarla in una dimensione di iper-reale straniamento. Kynodontas (Dogtooth) di Lanthimos riflette sul potere della volontà, in questo caso genitoriale, capace d’imporre l’impensabile e controllare la crescita dei sentimenti e dell’emotività umana. Ma è proprio con questo potere che il padre e la madre del film, alla fine, non fanno bene i conti. Quando la coercizione si scontra (irrimediabilmente!) col desiderio, il meccanismo s’inceppa. I figli iniziano a scoprire ciò che non hanno mai provato prima: in primis il dolore di una ferita al braccio e i piaceri del sesso, andando ovviamente incontro ad una violenza e una pratica della sessualità da consumare in ambiente domestico. La libertà? L’età adulta? Miraggi fino a quando non cadrà loro un dente, il canino (ecco qua il kynodontas del titolo), ossia mai perché diventati grandi, praticamente uomini e donne già fatti. Unica soluzione: la violenza rivolta su se stessi. Verso un finale che lascia sconvolti e atterriti.

Kynodontas (Dogtooth) ha la forma di una tragedia greca, di un mito greco, di reclusioni che generano mostri, come minotauri in un labirinto senza uscita, come in un Mito della Caverna di Platone dove addirittura è negata l’ombra del mondo esterno, dove gli aeroplani sono piccoli proprio come li vediamo passare in cielo. L’incesto e la morbosità dei rapporti familiari sono i frutti di un microcosmo che vegeta parallelo alla civiltà. Gli elementi delle grandi tragedie greche ci sono tutti e Lanthimos li rigira per attualizzarli ad un oggi che, come ci raccontano spesso le cronache dei giornali, è ancora gravido di storie che puzzano di mitologia, ma sono drammaticamente reali.

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