Jurassic World – Il Regno Distrutto: la recensione

Recensione del film Jurassic World – Il regno distrutto di J.A. Bayona, con Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Jeff Goldblum.

Scritto da Vanessa Forte.

jurassic world 2Ebbene sì: oramai l’uomo ha la pelle più spessa di quella di un dinosauro.

Sono passati tre anni da quando il parco a tema Jurassic World, sogno di John Hammond, è stato nuovamente distrutto dai dinosauri scappati ancora una volta dalle loro gabbie. Ma il risveglio del vulcano della Isla Nublar porta l’ex addestratore di velociraptor Owen Grady (Chris Pratt) e l’ex responsabile del parco Claire Dearing (Bryce Dallas Howard) alla decisione di tornare in azione insieme per salvarli da una catastrofe che li porterebbe ad una nuova e definitiva estinzione. Ma arrivati sull’isola i due scoprono che la loro missione cela in realtà una cospirazione internazionale ordita dal loro reclutatore Eli Mills (Rafe Spall), braccio destro di Benjamin Lockwood (James Cromwell), che ha intenzione di riportare la Terra al caos preistorico profeticamente annunciato dal professor Ian Macolm (Jeff Goldblum), sopravvissuto vent’anni prima.

Jurassic World – Il regno distrutto è il quinto atto della saga cinematografica di Jurassic Park, tratta dall’omonimo romanzo di Michael Crichton e iniziata 25 anni fa per la regia di Steven Spielberg. Il nuovo film rimane però ben lontano dallo spessore e dalla miracolosa autenticità della pellicola iniziale a causa dell’esaurimento della vena madre, che inizia a farsi sentire pesantemente.

Gli autori della sceneggiatura, Derek Connolly e Colin Trevorrow, riciclano tutti i temi della saga, ribadendo quanto sia l’uomo l’unico vero predatore da temere. Ma lasciano il resto dello script ad una forma del tutto approssimativa, quasi fosse un canovaccio, concedendo al pubblico solo pochi e fin troppo scontati escamotage da saldare nel prossimo inevitabile capitolo.

Il regista Juán Antonio Bayona, specialista del fantasy-horror, lascia poche impronte di sé, creando immagini cariche di luci e ombre a lui familiari, e garantendo al film la suspense sufficiente ad inchiodare alla poltroncina. Lo sgomento provato nel primo Jurassic Park è un pallido eco che dura solo una manciata di minuti: la pellicola diventa subito una specie di ibrido, trito e ritrito, tra il family movie e il black thriller, appesantito da una stucchevole dose di horror claustrofobico.

È palese allora che l’incertezza che s’annida nel film non alberghi nella mano, in fondo sicura, di Bayona, ma nella struttura narrativa volutamente inconsistente, (forse) nell’errata convinzione che un film per famiglie non possa e non debba essere troppo riflessivo.

Insomma, il rapporto spettatori-dinosauri, diventato col tempo troppo confidenziale, pare giunto ad una conclusione: la sovraesposizione dei dinosauri non stupisce più, anzi annoia il pubblico, il quale ha ormai sviluppato una pelle di cinismo così spessa che, per scalfirla, non bastano certo un gruppo di obsoleti lucertoloni che se ne vanno a zonzo a fagocitare esseri umani. E questo senza contare che vederli dominati brutalmente dai veri, crudeli e colpevoli predatori, gli umani, ci induce a pensarli oramai come innocenti creature da preservare, molto annacquate rispetto alla loro iniziale spaventosa natura.

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