Perdita Durango: il passo demoniaco del giaguaro

Perdita-DurangoAvete presente quelle belle pubblicità di profumi in cui un simpatico felino (maculato o ululante) incontra una gentil donzella agghindata a festa (Charlize Theron, Emily Blunt) o una sexy cappuccetto rosso in un mondo dorato e sospeso nel tempo? Ecco, sembra proprio che i creatori di questi spot abbiano preso spunto dalla primissima sequenza dello stralunato Perdita Durango, cult di Alex De la Iglesia. Una mora messicana dorme placidamente ignuda nel suo “lettino” di lenzuola dorate quando un giaguaro “affamato” la scopre completamente. E la trama del film non si discosta molto dal tema beauty farm.

Infatti di sfondo c’è il traffico di feti umani destinati a diventare crema per la pelle. Ma non solo. La bella e tenebrosa Perdita Durango (Rosie Perez) incontra Romeo Dolorosa, “scienziato”, profanatore di tombe, rapinatore di banche. Una coppia improbabile che incapperà in molteplici attività illecite, con l’aggiunta di due giovani e biondi ostaggi e goffi sbirri in continuo inseguimento.

Terzo film del miglior regista a Venezia 2010 (per Balada triste de trompeta),Perdita Durango è un joke, un frullato di situazioni che porta all’iperbole cosa è lecito e non lecito al leggendario confine tra Messico (o forse è meglio dire Mexico) e Stati Uniti. E’ una pozione sanguigna e saporita che mischia, con non poco sale e pepe, le tematiche di bioetica, religione, riti voodoo, stregoneria, mitologia (Romeo Dolorosa è un praticante della satanica “santeria” e viene considerato come una creatura mitica, una sorta di centauro o minotauro con testa di uomo e corpo da felino della savana). Un’opera da non prendere sul serio, incarnata dalla ballabile Spanish Flea di Herb Alpert & The Tijuana Brass, pilastro dance dell’eclettica colonna sonora. Perdita Durango, in un’atmosfera da Machete, è il remix dal retrogusto (ma nemmen tanto!) kitch e trash di un mondo messicano di pickup inarrestabili sui pedoni e aria sabbiosa da vento del nord, cactus fallici e vittime sacrificali infarinate con piume come galletti antropomorfi. Un’opera che soffre di un ludico gigantismo estetico e contenutistico, che adora sfidare la censura con sfrontatezza. Ergo, se l’amico Quentin Tarantino è la componente più raffinata e “poetica” del Pulp, e il compare Robert Rodriguez un giocherellone splatterone, de la Iglesia è l’anima nera, demoniaca, più perversa.

In merito agli attori, sono divine le performance dei protagonisti. Rosie Perez, che da tempo non vediamo sui grandi schermi italiani, sosia di Michelle Rodriguez, ammalia dall’inizio alla fine. Le dà man forte un giovane e “posseduto” Javier Bardem, inusuale e curioso alla vista con capelli (talvolta treccine) alla moicana e mustacchi accennati. Da segnalare un esilarante James Gandolfini.

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