Le nostre anime di notte: notti da leoni (d’oro)

Le nostre anime di notteScritto da Vanessa Forte.

Saranno pure “vecchi”, ma quando due Leoni, per giunta d’oro, ruggiscono, sono pur sempre uno spettacolo.

Venezia 74 celebra i suoi due leoni d’oro alla carriera, Robert Redford e Jane Fonda, mettendo fuori concorso Le nostre anime di notte, il loro quarto film insieme dopo La caccia, A piedi nudi nel parco e Il cavaliere elettrico.

In una tranquilla città del Colorado, dove purtroppo o per fortuna tutti conoscono tutti, Addie Moore (Jane Fonda) fa una sconcertante proposta al suo vicino di casa Lois Waters (Robert Redford), anche lui vedovo e solo: dormire insieme, solo per farsi compagnia e per parlare un po’. Le confessioni notturne porteranno i due protagonisti a liberarsi dai sensi di colpa sulle occasioni perdute e gli sbagli compiuti, fino a riscoprire addirittura l’amore (e, perché no, il sesso).

Prodotto dal gigante Netflix, Le nostre anime di notte è un film tv di quelli che vanno forte a Natale, atto fin troppo palesemente a catturare quel pubblico “over” non ancora avvezzo alle piattaforme digitali.
Certo, quando si hanno a disposizione due icone come Robert Redford e Jane Fonda, con così ancora tanto talento e mestiere da regalare, come si fa a non apprezzarlo?

Le due superstar, proprio come i re della savana, sembrano dapprima diffidenti, si “annusano”. Ma poi, molto rapidamente, in un carosello di sguardi, ammiccamenti e silenzi, sviluppano una chimica potente, una reazione esotermica data da un sodalizio che ben conosciamo e che il pubblico non solo si aspetta ma da per scontato.
Per questo il regista non s’intromette mai tra i due e li lascia liberi d’incarnare ciò che rappresentano nell’immaginario collettivo. In un’atmosfera molto indi, che sa di fiumi e montagne, camicie a scacchi e pic-up, Robert Redford incarna l’America liberal, solida, intellettuale, un po’ pudica, fatta di poche ma essenziali parole. Gli si affianca la sempre combattente Jane Fonda, anticonformista, ribelle, più libera nelle parole e nei gesti (non a caso è lei a rompere il ghiaccio nei racconti notturni in merito agli errori compiuti e ai rimpianti inevitabili). Pleonastico dirlo, ma guardarli è sempre un piacere. Come comprimari di lusso, li affiancano il belga sempre più americanizzato Matthias Schoenaerts e un altro grande vecchio del cinema, Bruce Dern.

Purtroppo, però, tutto questo non basta: pur avendo una regia solida e lineare, è impossibile raccontare l’intero omonimo romanzo di Kent Haruf con una produzione così ridotta, troppo scontata e tutta al servizio dei due interpreti principali. Le nostre anime di notte ne esce monotono, piatto e molto prevedibile, con una sceneggiatura e delle battute fin troppo costruite. Cosa manca? La freschezza e il coraggio della gioventù.

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