Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli: recensione

nico 1988Scritto da Biancamaria Majorana.

Una voce profonda, inquietante, ipnotica ha inaugurato la sezione Orizzonti del 74esimo Festival di Venezia. La voce della “regina delle tenebre”, Christa Päffge, meglio nota al mondo (musicale e non solo) come Nico. A portarla sul grande schermo è la regista italiana Susanna Nicchiarelli con Nico, 1988, film coraggioso, girato e scritto in lingua inglese.

Ma la Nico della Nicchiarelli non è l’icona uscita dalla Factory di Andy Warhol e divenuta celebre con l’album capolavoro Velvet Underground and Nico del 1967, non è la donna dalla bellezza magnetica che le sue foto giovanili hanno immortalato, ma è la Nico dopo essere diventata Nico, la voce solista che, oramai lontana dalla luce dei riflettori, continua a segnare un punto di svolta nella storia del dark rock.
Ad interpretarla è la camaleontica Trine Dyrholm (già Orso d’argento a Berlino come migliore attrice per il film La Comune di Thomas Vinterberg). Il risultato è una performance potente e dolente, che tratteggia bene il fascino di un’artista che non idealizza più il proprio passato, ma si concentra su ciò che c’è dietro la copertina patinata di un disco di successo.
La Nico del film è una cantante appesantita, eroinomane, che fuma una sigaretta dopo l’altra, una donna consumata dalla vita, alla ricerca di sé e di un figlio lasciato in giovane età, desiderosa di parlare della e per la propria musica.

La Nico dell’anno raccontato nel film è una donna disillusa, coraggiosa, perseguitata dai fantasmi del passato, dalla Berlino distrutta del dopoguerra, dove ha conosciuto la fame. Nico, 1988 è la parabola discendente della sua fulminea carriera, la cui storia arriva allo spettatore con la forza di un pugno nello stomaco. Un mondo ripreso interamente in formato 4:3, quello della televisione standard, che segue e stringe la figura della talentuosa Dyrholm entro spazi obbligati dai quali il sound della sua Nico prorompe ancora più denso, intenso, graffiante.

Il film della Nicchiarelli sembra volerci suggerire che è questa Nico inedita la vera Christa, l’artista consapevole delle proprie scelte umane e musicali, la voce solista la cui carriera non è finita. L’opera, che non vuole essere un biopic in senso canonico, acquista ulteriore vigore e credibilità anche per il lavoro di ricostruzione condotto dalla regista romana, la quale ha attinto informazioni direttamente da chi ha conosciuto e condiviso con Nico le ultime strofe della sua vita, dal manager del suo ultimo tour al figlio Ari, che ha contribuito personalmente nel voler “riedificare” questo esclusivo ritratto della madre.

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