Netflix e le serie tv Marvel: la recensione
Guest post scritto da Fabio Raffo
redattore per il sito Action Parallèle
Da circa due anni Netflix ha lanciato la produzione di series legate all’universo Marvel: l’idea si è rivelata un enorme successo sia in termini commerciali sia soprattutto in termini di resa dei prodotti. Il progetto, piuttosto ambizioso, prevede quattro serie su quattro supereroi (nell’ordine di produzione, Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist), teoricamente da una stagione ciascuno, più un crossover in cui i quattro s’incontrano. Anche se gli eventi tra le serie non sono strettamente legati tra loro, ci sono comunque forti rimandi e personaggi minori che passano da una serie all’altra. In più ognuna ha finora riscontrato un discreto successo, tanto che vi è stata la produzione di una seconda stagione per Daredevil (e probabilmente una terza), una seconda è prevista per Jessica Jones e probabilmente una seconda anche per Luke Cage. Più uno spin-off sul Punitore, personaggio che è apparso nella seconda serie di Daredevil. La prima domanda che ci poniamo è: come diamine hanno fatto gli sceneggiatori ad incastrare tutti gli eventi senza sbavature? La seconda: qual è il loro punto forte?
Il merito sta soprattutto nell’aver reso ogni figura di supereroe molto realistica e molto umana. Innanzitutto il colpo di genio è stato iniziare con Daredevil, il personaggio che ha meno superpoteri e un forte punto di svantaggio: è cieco. Ma l’avvocato di Hell’s Kitchen, oltre a proteggere i più deboli, ha fatto un duro addestramento e ha vari “gadget” con cui stendere i cattivoni. Insomma, un Batman dei poveri, potremmo dire. Hell’s Kitchen è infatti un quartiere oscuro, dove la corruzione e la malavita la fanno da padroni. Daredevil lotta strada per strada per sconfiggere la criminalità e anche la perfidia di un sistema marcio fino al midollo. Dopo il flop pazzesco del film con Ben Affleck (chi se lo ricorda più?), Netflix riesce a dare un forte valore attuale a questa figura. Inoltre il villain di turno, Wilson Fisk, è dotato di una personalità veramente complessa che si rivela episodio dopo episodio sostenuta dall’ottima interpretazione di Vincent D’Onofrio. Questo realismo si perde un po’ nella seconda stagione, la quale soffre di una certa ripetitività degli eventi e di mancanza di continuità (troppi cattivi uno dopo l’altro) rispetto alla prima.
Con Jessica Jones siamo di fronte ad una vera supereroina, dotata di una forza sovrumana. Con la quale, però, non è riuscita a sovrastare il suo antagonista Killgrave, che, oltre ad avere il potere di controllare la mente, è in fissa con lei configurandosi come uno stalker di prima categoria. Anche in questo caso, David Tennant, l’attore scelto per Killgrave, fornisce al personaggio un’interpretazione memorabile: da brivido la sua voce tutte le volte che pronuncia il nome di Jessica. Inutile dire che in questo caso il punto forte della serie stia nell’affrontare una tematica delicata, come la violenza (soprattutto psicologica) sulle donne tramite una supereroina fin troppo umana, quasi alcolizzata, cinica e in guerra con il genere maschile.
Passando a Luke Cage, personaggio già apparso in Jessica Jones, incappiamo nel supereroe più potente dei tre finora: non solo è dotato di una forza eccezionale, ma è pure praticamente indistruttibile. Quale l’interesse di mostrare un eroe apparentemente senza pecca? Semplice: Luke Cage è nero e in più è un ex evaso, simbolo e speranza di Harlem. La serie, dunque, non poteva essere più attuale, presentando episodi pregni di tensioni e violenze razziali, con le dure repressioni ad opera della polizia. E gli sceneggiatori sembrano esserne fin troppo consapevoli, tanto che i bei discorsi su Harlem rischiano a volte di sfociare in retorica. A livello di plot, però, la serie si presenta spezzata in due, e soprattutto la seconda parte cede all’idea, trita e ritrita nelle saghe di supereroi, di raccontare le origini familiari di Luke Cage. Per quanto riguarda l’interpretazione di Mike Colter, l’attore appare a volte un po’ troppo granitico e monocorde, forse anche per colpa di quel mascellone che si ritrova. Anche se non ai livelli di Charlie Cox (Daredevil) e Krysten Ritter (Jessica Jones), la sua interpretazione rimane credibile.
Last but not least, vale la pena citare quello che sembra essere il marchio di fabbrica delle serie Marvel su Netflix: ovvero i titoli di apertura. Ottima e orecchiabile la scelta della musica, favoloso il montaggio di immagini per tutte e tre le serie. In ognuna è stata fatta una scelta altamente simbolica. Ciò che le rappresenta di più a livello di tematica è stato reso a livello di immagine: in Daredevil una città che si costruisce con il sangue, in Jessica Jones scene di violenze in casa e in vicoli oscuri, in Luke Cage il corpo del supereroe attraversato dai nomi delle strade dedicate a grandi figure black come Malcolm X.
nah, non ci siamo. Niente marvel.
quando ho letto la recensione di Star Wars 7 sul blog che stò per citare, mi si è aperto un mondo razionale relativo alla codifica del medium cinematografico.
leggetela su theorangeblogger.wordpress.com. vi si apre un mondo 😮
grazie per la segnalazione…