Mistress America di Noah Baumbach: la recensione
Recensione di Mistress America di Noah Baumbach.
– Sei divertente perché non sai di esserlo.
– Lo so che sono divertente, non c’è niente che non sappia di me. Per questo motivo non vado in terapia.
È solo una delle frasi mantra, portanti, auto-ironiche, che assolutamente (non) si prendono sul serio di Mistress America, ennesima perla del più stravagante e indipendente dei registi newyorkesi: Noah Baumbach.
Giunto alla soglia dei cinquant’anni, Baumbach è riuscito a creare intorno a sé quell’aura perfetta di guru, tuttologo e sapiente psicologo che in pochi altri (forse solo il concittadino Woody Allen!) sono stati capaci di costruire. Mistress America, forse il suo film più verboso, anche se un po’ meno ispirato dell’abbagliante Frances Ha e del commovente The Meyerowitz Stories, è una sorta di compendio sulla vita, di bignami di insegnamenti attorno ad una generazione di giovani desiderosi di trovare il proprio posto nel mondo e nella famiglia. Due temi che permettono a Baumbach di non discostarsi da pensieri, aforismi e freddure che gli solo consoni, vicini, amati e amabili.
Mistress America è un’ennesima variazione sul tema dell’american dream, del self made (wo)man, con tutto quel bagaglio di sogni, ricordi, incongruenze, ferite ancora aperte, rimpianti e ripicche che non riusciamo a scrollarci di dosso. Brooke, interpretata dalla sempre travolgente e radiosa Greta Gerwig, è allo stesso tempo signorina, padrona e maestrina, ma soprattutto eroina umanissima in una società e un destino che paiono remarle costantemente contro. Brooke, non potendosi realizzare nella realtà, trova una magra consolazione nella finzione di un racconto scritto dalla giovanissima Tracy, sua non-sorellastra e alter ego spuntato dal nulla.
Mistress America è quindi un film che, nel parlare di se stesso e dei suoi personaggi, tutto giocato su dialoghi fulminei e densi di battute che spesso non danno neppure il tempo d’essere colte e metabolizzate, in realtà parla a ciascuno di noi, ponendosi come uno specchio che mostra come i difetti il più delle volte non siano tali.