Manchester by the sea: la recensione
Casey Affleck, alla sua prima nomination all’Oscar come miglior attore, ha agguantato subito la statuetta con balzo felino. E nel complesso è un premio meritato, anche perché la sua prova è metafora e incarnazione di tutta l’aura climatica che avvolge Manchester by the sea di Kenneth Lonergan. Un film che racconta, semplicemente, e scusate se è poco, la vita. E la famiglia. In un dramma plurimo che ha il pregio di descrivere le collisioni interiori all’animo di un uomo nel momento in cui il mondo ti cade improvvisamente addosso.
La prova di Casey Affleck è minimalista, misuratissima, quasi disinteressata rispetto a quanto sta accadendo a livello diegetico. Affleck sembra sfasato, intontito, mentre invece è perfettamente dentro agli ingranaggi di un dolore che ha reso il suo personaggio praticamente anaffettivo. Non una lacrima, non un gesto di rabbia o ribellione. Lee è un uomo bruciato dentro, proprio come la sua casa che una maledetta notte ha preso fuoco portandosi via la vita dei suoi tre bambini e, con il divorzio, anche l’amata moglie (Michelle Williams). Ma il Destino sa essere spietato e un giorno muore anche suo fratello maggiore (Kyle Chandler). Conseguenza: improvvisamente Lee si ritrova a carico il nipote Patrick. E si ritrova costretto sia ad affrontare i fantasmi del passato sia a rindossare, almeno in parte, le vesti di padre/tutore.
Manchester by the sea è un film tristissimo, ma senza ricorrere a capelli strappati. Affleck non piange, così come non piangiamo noi spettatori. E questo perché la regia di Lonergan non ce lo permette. Il film è alo stesso tempo così freddo e così profondo, un po’ come i panorami urbani a pelo d’acqua che intervallano molte delle sequenze. La natura è umida, distante, immobile, insensibile, e i personaggi del film ne sono l’esatta fotocopia. Ma sotto, nelle viscere, ribolle il sangue del dolore, del lutto, della solitudine.
Manchester by the sea si è quindi giustamente meritato anche l’Oscar per la Miglior sceneggiatura originale. La quale vive su quel lungo passaggio da inverno a primavera che segna non solo le sorti di un corpo defunto, ma le membra vive del feeling tra uno zio e suo nipote.