Madre di Rodrigo Sorogoyen: la recensione del film spagnolo
Recensione di Madre di Rodrigo Sorogoyen.
Elena riceve una chiamata dal figlio che è in vacanza al mare col padre: è da solo, si è perso e non riesce a ritrovare papà, inoltre il telefono è quasi scarico. Questa la scena con cui si apre Madre di Rodrigo Sorogoyen (Che Dio ci perdoni, Il regno), un lungo piano sequenza carico di tensione, di fortissimo impatto, che sembra prepararci al peggio e avvisarci d’andare a prendere i fazzoletti per asciugare le lacrime. In realtà così non accade, perché subito dopo questa scena non andiamo a vivere il dramma di una madre che ha appena perso il figlio, ma facciamo un salto temporale in avanti di dieci anni e il registro cambia completamente. Madre muta in un dramma intimo, calmo, morbido, in cui ritroviamo Elena, trasferitasi oramai da anni nel luogo dove è scomparso il figlio, incontrare un ragazzo che molto le ricorderà quel figlio perduto anni prima. L’incontro tra i due scatenerà una serie di avvenimenti inaspettati e di emozioni impreviste che porteranno la protagonista a vivere i propri sentimenti fino in fondo, cercando una via di fuga dal dolore che la tormenta.
Il rapporto genitori/figli è stato uno dei temi più gettonati tra i film selezionati alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia. E lo ritroviamo anche nella sezione Orizzonti con lo spagnolo Sorogoyen che lo affronta trasformando il suo acclamato corto del 2017 (nominato agli Oscar) in un lungometraggio delicato, in apparenza distaccato, che riesce a rendere in modo chiaro e palpabile le inquietudini di una donna bloccata nei fantasmi di un dolore passato. Meno limpido, invece, l’epilogo della vicenda, che lascia un po’ interdetti.
Il personaggio della protagonista è interpretato dalla talentuosa Marta Nieto (che già era Elena nel cortometraggio del 2017), non a caso vincitrice del premio come Miglior Attrice nella sezione Orizzonti. Ci sta tutto.