Little love god: la suggestione prima del racconto
Nina improvvisamente scompare. Nikola, il marito, medico macedone nel Montenegro, non ha idea del perché. Non sa se è scappata o se è stata rapita. Mistero e tensione riempiono così le relazioni con il mondo che lo circonda, soprattutto con i familiari di lei. Inoltre la banca dove tiene i suoi soldi dichiara bancarotta e la polizia gli confisca senza giustificazioni il passaporto. Ma la situazione sembra destinata a (non) risolversi…
Presentato alla prima edizione del Balkan Florence Express, neonata rassegna di cinema dei Balcani occidentali in Toscana ad opera di Oxfam Italia e Festival dei Popoli, Little Love God (Mali Ljubavni Bog) di Zeljko Sosic è un’opera che coinvolge e lascia sconcertati, che stupisce e abbandona, con dietro alla macchina da presa una folta molteplicità di idee e un sentito piglio autoriale.
Più che raccontare e (di)spiegare vicende, Sosic crea sensazioni, suggestioni, atmosfere impalpabili e ansiogene, invisibili ma ben presenti. Con un certo fare kafkiano e un senso dell’attesa e dell’indecifrabile che riecheggia un certo cinema di Antonioni, Little Love God, pur nel suo non aprirsi alla totale (ma neppur parziale!) lucida comprensione, intriga e si fa amare. E non è azzardato vedere e percepire queste sensazioni in relazione ad una zona europea che, confusa e straniata, dimostra di non aver ancora ben razionalizzato e metabolizzato il dissolvimento dell’Ex Jugoslavia.
Lunghi piani sequenza (impreziositi dalla magnifica fotografia di Dimitar Popov) seguono i protagonisti della vicenda in un’aura da incubo dal quale è dura svegliarsi. Un sogno tremendo con ambienti urbani dove la pioggia è la normalità e spazi attraversati da personaggi che compiono più volte, senza stacchi di montaggio, uno stesso gesto (vedi Nina e Nikola che per tre volte scendono la stessa rampa di scale).
Perno fondamentale di questa fuliggine che cosparge tutto l’intreccio, è la partitura musicale al piano di Vladimir Djurisic che, con toni lirici e stonati alla Schonberg, crea emozioni terrificanti e cullanti.
Alienata e alienante, ma allo stesso tempo sentita e drammatica, la recitazione di tutto il cast (in particolare dell’attore protagonista Nikola Ristanovski). Poetico, stemperante, quasi pacificatorio il finale.
Molto interessante! Bellissima (e coraggiosa, almeno di questi tempi in cui il cinema perde fette di mercato come piovesse) l’idea di una rassegna cinematografica sui Balcani. Grazie per la segnalazione!
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