Life of Crime 1984-2020 di Jon Alpert: recensione documentario HBO
Recensione di Life of Crime 1984-2020 di Jon Alpert.
Prodotto da HBO e presentato fuori concorso alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia, il documentario Life of Crime 1984-2020 del regista-giornalista Jon Alpert è stato sicuramente uno dei film più significativi e “orrendamente” belli del Festival.
A Newark, la più grande città del New Jersey, tre amici del regista, Robert Steffey, Freddie Rodriguez e Deliris Vasquez, si sono fatti riprendere nell’arco di 36 anni per raccontare, senza filtri e senza sconti, la loro discesa all’inferno passando tra furti, buchi in vena, celle e, inevitabilmente, obitori.
Con gelida e potente efficacia Jon Alpert segue e racconta ogni aspetto della vita, del corpo e del pensiero di questi tre “ultimi”. Con gli stessi protagonisti il regista aveva già girato altri due documentari: One Year in a Life of Crime (1989) e Life of Crime 2 (1998) che Life of Crime 1984-2020 somma e a cui aggiunge il tragico finale “scritto dalla vita”.
Un trattato di sociologia per immagini su droga e devianze che mostra implacabilmente quali possano essere le debolezze, le dannazioni ma anche il coraggio e le redenzioni nell’infinita guerra contro gli stupefacenti che, negli ultimi quarant’anni, hanno ucciso cinque volte di più di tutte le guerre americane messe assieme.
Life of Crime 1984-2020 non è un film facile. Non guarda dal bordo dell’abisso ma ci si tuffa dentro sollevando un’ondata disturbante di domande, sensi di colpa e fallimento che travolge lo spettatore. Perché quei tre disperati non sono alieni distanti da noi ma, anzi, potrebbero essere una qualsiasi persona che incrociamo sul tram o dal salumiere e che, una volta caduta ed esclusa dalla società, non riuscirà più, nonostante i buoni propositi (Rob si dedica al prossimo, Freddie ai figli, Deliris ad entrambi) a reinserirsi.
Chiarisce questo concetto in modo nitido uno dei protagonisti quando, dopo l’ennesimo rilascio dal carcere, senza lavoro e quindi senza prospettive, dice che l’unica cosa che gli rimane per riempire il vuoto e l’abbandono che contraddistingue la sua vita è bucarsi. Non per niente appare evidente che il loro periodo “migliore” sia quello della reclusione.
Life of Crime 1989-2020 non è però un film ricattatorio. È gelidamente obiettivo nel farci vedere l’involuzione dei tre. Ma proprio per questo si è portati a sperare fino alla fine che almeno uno ce la possa fare. Speranza volontariamente soppressa da crude visioni di casse da morto e cadaveri in putrefazione. Perché in una guerra è inevitabile vedere i cadaveri dei caduti sul campo.