Il Cliente di Asghar Farhadi: la recensione
Il regista iraniano Asghar Farhadi è uno dei re Mida del cinema internazionale. Tutti i film a cui mette mano, si trasformano in premio. Nel 2009 con About Elly ha vinto l’Orso d’Argento per la Miglior Regia al Festival di Berlino, nel 2012 con Una separazione ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino ma soprattutto l’Oscar come Miglior Film straniero, nel 2013 con Il passato la Miglior Attrice (Berenice Bejo) al Festival di Cannes. E anche quest’anno, il 2016, con Il Cliente altri due premi a Cannes, ovvero Miglior sceneggiatura e Miglior attore (Shahab Hosseini).
Due premi, quest’ultimi, che fotografano nitidamente tutto il cinema del regista iraniano, che poggia sui due solidi pilastri della recitazione e della sceneggiatura. Come insegnano i grandi maestri del cinema, quando alle spalle di un film c’è una bella e solida sceneggiatura, il grosso è fatto. Così è per Il Cliente che, dopo la parentesi francese con Il passato, riporta Farhadi in patria, dove si sente più a suo agio. Il risultato è un nuovo grande film. Il Cliente chiude, insieme a About Elly e Una separazione, quel trittico di film sulla società iraniana, sulle sue storture e carenze, sui suoi uomini e le sue donne, sui legami (interrotti) che abbracciano famiglie e gruppi di amici.
Una grande sceneggiatura, scritta con calma e concentrazione, pregna di un certo claustrofobico mistero sin dall’inizio, che sa snodarsi, sequenza dopo sequenza, senza il minimo strappo nei dialoghi né nella regia. Uno script consegnato nelle mani di bravissimi attori. Perché sono loro il secondo punto di forza dei film di Farhadi: gli interpreti. E sono bravi perché i personaggi che interpretano sono scritti con cura invidiabile. In Il Cliente Shahab Hosseini è “scortato” dalla bravissima Taraneh Alidoosti. I due non si pestano mai i piedi, anzi condividono la scena con empatia e complicità. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, ha trovato forma nel meritato premio a Cannes.
Con chiari rimandi a Fassbinder e all’Arthur Miller di Morte di un commesso viaggiatore, Il Cliente tiene saldamente i piedi sulle due staffe del cinema e del teatro, intersecandoli senza mai confonderli, con una fluidità pressoché ineccepibile.
Insomma, Il Cliente conferma ancora una volta il talento multiforme di Farhadi, autore capace di osservare a fondo l’inconscio della sua terra d’origine per far riflettere un pubblico sempre più internazionale sulle pieghe, spesso cupe e nascoste, dell’animo umano in seno alle regole della società.