Le Caravage: Bartabas, l’uomo che sussurrava ai cavalli
Le Caravage è l’ultimo lavoro di uno dei maggiori sperimentatori del cinema d’oltralpe: Alain Cavalier. Un documentario intimo, sulle affinità elettive che si instaurano tra un cavallo e il suo addestratore.
Il cavallo è il miglior amico dell’uomo. Almeno di Bartabas, regista e coreografo di animali francese. Non il cane, dunque, che nel film vediamo rimanere fuori dalla “casa” del cavallo, immobile, quasi impietrito, come di porcellana, atterrito dall’aver perso il suo rapporto privilegiato con l’uomo. Simbolo della fedeltà non è più lui, il cane, ma un cavallo, da addestrare, domare, quasi umanizzare.
Le Caravage di Alain Cavalier dura solo 70 minuti. Quanto basta per affascinarci. Pur con qualche momento di risacca, compensato da altri di grande poesia, Le Caravage è un’opera inusuale e per questo densa di interesse. Cavalier riprende, anzi documenta all’antica, senza ricorrere quasi mai alla musica. È l’immagine a strutturare il misterioso rapporto fisico e spirituale che lega l’equino all’uomo. Un legame dato dall’affetto e dall’autorevolezza che Bartabas dedica al suo “Caravaggio”, alla sua “opera d’arte”. Lo rimprovera e lo abbraccia, e il cavallo ricambia con sbuffi e baci.
Li osserviamo sempre insieme. Dalla toeletta mattutina ai primi esercizi di riscaldamento alle prove di “passi di danza”. Cavalier, semplicemente osservando e riducendo al minimo il montaggio (quindi la distanza tra cinema e spettatore), ci mostra l’anima divisa in due che lega l’uomo e il cavallo, come fossero una cosa sola, come se Bartabas fosse uomo-cavallo e Caravage un cavallo-uomo.
Le Caravage è l’apoteosi del dettaglio. Cavalier inquadra il pelo del cavallo come se dovessimo accarezzarlo, i nervi e le vene delle sue gambe/zampe, fino alla pupilla dell’occhio. Il dettaglio riempie e satura lo schermo.
Insomma, Le Caravage è un film che quasi ci riporta alla dimensione primitiva del cinema, a quella scomposizione della corsa del cavallo operata in fotografia da Muybridge in quel lontano 1874 che è stato tappa fondamentale verso quello che, circa vent’anni dopo, sarebbe stato il Cinematografo.