La Scuola Cattolica di Stefano Mordini: recensione
Recensione del film La Scuola Cattolica di Stefano Mordini, tratto dal romanzo Premio Strega di Edoardo Albinati.
Presentato fuori concorso alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia, La Scuola Cattolica di Stefano Mordini si assume il difficile il compito di far conoscere al grande pubblico le atmosfere pubbliche e private che portarono alla tristemente nota strage del Circeo.
In un quartiere residenziale di Roma la medio e alta borghesia capitolina manda i propri rampolli in una nota scuola cattolica maschile convinta che questa li avrebbe protetti dal clima degli anni di piombo e, al contempo, li avrebbe formati per un fulgido avvenire attraverso una rigida educazione. Ma tra il 29 e il 30 settembre 1975 questo velo d’ipocrisia e di falsità sociale viene brutalmente strappato da uno dei più efferati delitti dell’epoca.
Ispirandosi al romanzo Premio Strega di Edoardo Albinati, il regista Stefano Mordini, qui anche in veste di co-sceneggiatore con Luca Infascelli e Massimo Gaudioso, ci racconta uno degli episodi più neri della storia italiana dello scorso secolo, ovvero il rapimento e lo stupro di due ragazze, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez (quest’ultima venne anche uccisa), da parte di tre ragazzi della Roma benestante, ovvero Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido, tutti ex studenti del liceo cattolico maschile del quartiere Trieste il cui compito sembrava quello di formare future classi dirigenti e che invece era fucina di mostri.
Con un cast giovanissimo di quasi tutti debuttanti, su cui spicca Luca Vergoni nei panni di Angelo Izzo, La Scuola Cattolica è sicuramente un film ben fatto ma che, purtroppo, manca di quello che potremmo definire il piglio d’autore.
Stefano Mordini infatti riesce a rappresentare perfettamente la società fortemente classista del tempo (anche grazie alle scenografie di Paolo Bonfini e ai costumi di Grazia Materia). Ma mentre nel romanzo l’autore critica apertamente e in prima persona la morale cattolica generatrice di quella ipocrisia sociale e mentalità gerarchica che costituiva quel tipo di educazione, il film invece si ferma in superficie, rappresentando la violenza dei comportamenti senza però spiegarne le radici politiche, sociali e psicologiche di cui il massacro era la punta dell’iceberg e non l’elemento centrale. Privato così del giusto e doveroso approfondimento, il racconto risulta dunque banalizzato e impersonale. Mordini però è un regista esperto ed ha mano felice e rispettosa soprattutto nei confronti delle vittime e nel rappresentare il massacro in maniera realistica ma senza mai cadere in una facile ed inutile enfasi.