La ragazza ha volato di Wilma Labate: recensione film
Recensione di La ragazza ha volato di Wilma Labate.
Dopo vari documentari, tra cui l’interessante Arrivederci Saigon, Wilma Labate torna al cinema di finzione con La ragazza ha volato, un titolo sibillino per un film dai forti contenuti. Uno stupro, una ragazza madre, una maternità non voluta ma tenuta sono i temi cocenti di un’opera audace ma non del tutto riuscita, in bilico tra una regia personale e una sceneggiatura zoppicante.
La ragazza ha volato si muove tra questi due poli opposti: da una parte una regia che sa cosa vuole, che insiste sull’uso di lunghi piani sequenza (per lo più in interni), che sa guardare in faccia una realtà bieca e dei personaggi dai marcati contrasti interiori; dall’altra una sceneggiatura che nei dialoghi mostra il suo nervo scoperto, con scambi di battute incerti, banali, impersonali. Ed è un peccato ci sia questo scollamento tra le due parti perché il film è davvero coraggioso in vari passaggi, in primis nella prima mezz’ora e nella rappresentazione dello stupro.
Punto di forza sono gli interpreti. In particolare Alma Noce, classe 1991, è un talento da coltivare nel cinema italiano. Dopo aver vestito i panni della giovanissima Gemma ne Gli anni più belli di Gabriele Muccino (per capirsi è Micaela Ramazzotti da adolescente), in La ragazza ha volato è l’assoluta protagonista, combattuta, inquieta, pensierosa, crucciata, intimorita, ma anche caparbia, donna forte, giovane madre coraggio.
Pur con questi difetti, La ragazza ha volato è però un film importante, capace di restituirci la fotografia di un’Italia di periferia e di confine (l’ambientazione è Trieste) dove la vita pare essersi fermata nel grigiore e nell’immobilismo di una società patriarcale di uomini onnipotenti e disprezzabili.