L’inganno: le vergini (sedotte e) assassine di Sofia Coppola.
Prendete il peccato, dategli sembianze maschili, per lo più in divisa (il cui fascino è proverbiale), e chiudetelo in una casa di sole femmine (di un assortimento completo, da piccole donne a giovini accaldate a donne adulte apparentemente fredde), puritane, cattolicissime, che non sentono l’odore del testosterone da anni di guerra. Un gallo gettato in mezzo ad un branco di galline (tutte regine, tutte prime donne), non può che creare scompiglio, o rimanerci schiacciato.
È quanto accade ne L’ inganno di Sofia Coppola, discussa e discutibile miglior regia all’ultimo Festival di Cannes. Una storia semplice, dal gusto e dagli echi primordiali ma sempre attuali, per non dire eterni. L’attrazione tra i sessi, l’odore del sangue e della goccia di sudore. Il desiderio di conoscere e assaporare l’altro, il nuovo, lo sconosciuto. È quello che ci guida in quasi tutte le esperienze della vita. Ecco, L’ inganno della Coppola è un film sul desiderio, sulle guerre intestine che inevitabilmente scattano nei generi, maschile o femminile, quando di fronte a loro si pone un solo esemplare del sesso opposto, degno di ogni attenzione, fino alla scorrettezza morale (e non solo) più infingarda. La solidarietà, femminile stavolta, come in molti altri casi, fa a farsi benedire in nome dell’affermazione personale, della vittoria di una sola, del mors tua vita mea.
L’ inganno ingrana pian piano, ci attira a sé, tirandoci a poco a poco per la giacchetta, alzando a poco a poco la gonna. Intriga, a tratti quasi ipnotizza, suscitando pudore e prurito in più di un’occasione, sfiorando l’eccitazione più nascosta nell’animo dello spettatore. Ma qui si ferma, qui inciampa il film della Coppola. Per lungo tratto quasi ci porta in uno stato di trance, poi però qualcosa va storto e rimaniamo insoddisfatti.
Tutto resta nebuloso come l’affumicata e fumosa aria pesante che satura la dimora dell’algida Miss Martha. Tanto fumo e poco arrosto, dunque? In parte sì, o meglio del pollo arrosto c’è, ma anche dei funghi velenosi che non vanno giù al pubblico. Alla Coppola pare mancare il guizzo, il vero colpo basso che le avrebbe fatto davvero meritare quel regalato premio a Cannes. Nicole Kidman, e in particolare Elle Fanning, sanno come bucare lo schermo, e ci riescono a più riprese. Ma sono ‘moti propri’ attoriali che cercano di conferire spessore a losche figurine che danno l’impressione di galleggiare più che abitare la scena. Quanto a Colin Farrell, fa il minimo sindacale se non diretto con polso più fermo (lo si veda nei film di Lanthimos).