Kitoboy (The Whaler Boy) di Philipp Yuryev: recensione film
Recensione del film Kitoboy (The Whaler Boy) di Philipp Yuryev.
Opera prima del giovane regista Phillipp Yuryev, Kitoboy (The Whaler Boy) ha vinto il premio per la Miglior Regia alla 17esima edizione delle Giornate degli Autori, nell’ambito di Venezia 77.
Con mano ferma e sorprendentemente sapiente, Yuryev è riuscito a dirigere attori per lo più non professionisti per introdurci con efficacia nel mondo primitivo ed inesplorato dei cacciatori di balene dell’estremo est del continente Euroasiatico, presso lo Stretto di Bering, dove la Russia quasi s’incontra con gli Stati Uniti.
Leshka (Vladimir Onokhov) è un giovane Cukotka, la controparte russa degli esquimesi americani. Da poco nel suo villaggio è stata attivata una connessione internet e lui, sebbene il segnale sia piuttosto instabile, si innamora di una giovane americana, HollySweet999 (Kristina Asmus), una camgirl che lavora in una chat erotica, e decide di raggiungerla a Detroit. Ruba perciò una barca e qualche scatoletta di cibo e comincia uno strano viaggio dai contorni non ben delineati. Risolutivi saranno dei banditi, una guardia di frontiera americana e dei totem fatti con ossa di balena.
Kitoboy è un racconto di formazione immerso nel classico sogno americano e realizzato con molte immagini quasi documentaristiche sulla caccia alla balena che, con la loro crudezza, rendono perfettamente allo spettatore l’idea della dura e secolare vita dei pescatori Cukotkchi.
L’opera racchiude in sé una buona mescolanza tra tragico e comico intorno ai problemi di un giovane che potrebbe essere un adolescente di qualsiasi latitudine: l’amicizia e la solitudine, la fame d’amore e la voglia di fuggire lontano che rendono questa storia universale.
Già maturo nel lavoro, ma ancora acerbo nei rapporti umani, Leshka compie un viaggio verso l’età adulta: il suo sarà un percorso penoso ma necessario per scoprire, come quasi tutti fanno, che spesso l’America si trova a casa propria. È solo grazie a questo che tornerà ad apprezzare la sua difficile vita in bilico tra est e ovest, tra vecchio e nuovo, diversa ma nella sua durezza non così lontana da quella della ragazza dai tristi occhi azzurri di cui si è invaghito.
Il film ha una sceneggiatura che punta alla semplicità, ma il sottile confine, molto meno dei 4 km che separano Usa e Russia, tra sogno e realtà che lo caratterizza, lo rende criptico nel significato e intrigante per lo spettatore.