Intervista a Wang Jing per il film Bu zhi bu xiu (Senza sosta, senza riposo)
Tra i film in concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 77 anche Bu zhi bu xiu (Senza sosta, senza riposo) di Wang Jing (di seguito WJ). Lo abbiamo incontrato, ecco cosa ci ha detto.
Questo è un film molto intenso e molto attuale. Infatti, nonostante sia ambientato in Cina nel 2003, affronta il ruolo e le scelte che il giornalismo deve fare riguardo ad una malattia allora discriminante, l’epatite B, e se un uomo come giornalista debba schierarsi con il sistema o combatterlo come essere umano. È dunque un film sull’idealismo?
WJ: Sì. Fin dall’inizio volevo creare un personaggio idealista, che crede nelle cose giuste.
Quindi attraverso il protagonista stai indicando un nuovo approccio al giornalismo che abolisce le distanze andando oltre l’apparenza e avvicinandosi quasi in una maniera empatica al fatto o alla situazione?
WJ: Io non credo si debba essere al 100% ragionevoli oppure sentimentali. Al contrario del protagonista Han Dong, il suo maestro pensa che un buon giornalista non debba mettere troppo sentimento in un articolo. Quello che io volevo raccontare è che bisogna fare tutto ciò che si sente giusto.
C’è dunque una correlazione tra il modo di fare giornalismo di Han Dong e il tuo approccio cinematografico? Me lo chiedo perché nel film non fai vedere solo come è stata investigata la notizia, ma soprattutto le emozioni sia del protagonista sia dei malati di epatite B.
WJ: Sì, perché è ciò che abbiamo dentro che ci fa andare avanti. E io, proprio come dicono le parole del titolo, voglio che si proceda senza però dimenticare qual è il motivo che fin dall’inizio ci ha spinto, nel caso del protagonista amare una persona o cominciare una carriera.
Il film dimostra come al tempo dei fatti un singolo uomo potesse influenzare la società: secondo te oggi sarebbe ancora possibile?
WJ: Certo io non credo che l’articolo di Han abbia totalmente cambiato il mondo. Non volevo esprimere questo. Quello di cui volevo parlare era che se tutti noi capissimo ciò che è dentro di noi, nel nostro cuore, allora poi potremmo dare il nostro contributo al mondo.
E questo è possibile nella società moderna?
WJ: Diciamo che non è impossibile.
In questo film hai lavorato con persone che conosci molto bene, il regista Jia Zhang-ke tuo maestro, il suo direttore della fotografia Yu Lik-Wai e il suo montatore Matthieu Laclau: com’è stato essere questa volta al comando?
WJ: Mi sono dovuto assumere molte più responsabilità, dovevo decidere rapidamente e dare subito dei comandi.
Ma ti sentivi tranquillo o avevi un po’ di “ansia da prestazione”?
WJ: Inizialmente ci sono stati diversi problemi che non riuscivo a risolvere e che mi hanno molto colpito. Poi però mi sono tranquillizzato ripensando a cosa succedeva quando lavoravo con Jia Zhang-ke e a cosa faceva lui. E così risolvevo.