In un mondo migliore: quando le statuette hanno ancora senso
Il terzo principio della dinamica prevede che ad ogni azione corrisponda una reazione uguale e contraria. Una sorta di legge del taglione trasposta in fisica. Della serie “occhio per occhio, dente per dente”. E’ la filosofia di vita che dimora nell’animo del piccolo Christian, protagonista, insieme al compagno di scuola e “di merende” Elias, del lugubre (spiritualmente) e raffinato (tecnicamente) In un mondo migliore di Susanne Bier (Non desiderare la donna d’altri). Il primo è orfano di madre e nutre un non ben motivato e profondo astio verso la vita, il secondo è un pischello timido e vessato dai bulli della scuola. Due personaggi che ricordano la profondità spirituale dei gemellini Marcus e Jason dell’Hereafter di Eastwood o degli adolescenti ai margini dei fratelli Dardenne.
Una pellicola che merita tutto quello che ha vinto (Gran Premio della giuria e Miglior film del pubblico al Festival di Roma 2010, Oscar come miglior film straniero 2011).
La regia della Bier è stupefacente: lucidi primissimi piani si alternano a zoomate improvvise, macchina a mano da reportage quotidiano si bilancia con catartici campo-controcampo. Un’opera che si ciba della bravura dei suoi attori, tutti dentro la parte sin dalle primissime sequenze. Rimaniamo incantati di fronte al terrore e all’emozione generati dalla Bier, in solenne attesa di quella reazione che spezza l’azione che l’ha appena preceduta e preannunciata. Non c’è sconti e non c’è tregua di suspense nel raccontare di una coppia di ragazzetti che cercano giustizia (o vendetta?) in un mondo che non è il migliore dei quelli possibili. Un microcosmo dove si impara sin da piccoli a sopravvivere (alla vita) con la violenza. L’unico ad opporsi a questa “filosofia dello schiaffo”, nonostante un forte traballamento nella seconda metà del film, è Anton, padre di Elias, medico senza frontiere impegnato nel cuore del continente africano. La sua cultura pacifista lo porta ad incassare botte anche sull’altra guancia, senza mai reagire all’affronto.
Un’opera di contenuto, fuliginosa, avvolgente, che stringe il cuore e lega gli occhi allo schermo, da mostrare nelle assemblee scolastiche, che fa riflettere su come speranza e pace possano esistere in un mondo migliore.
Bellissmo film, si! Forse un miglioramento nella seconda parte come si diceva?
Sì, senza dubbio. Diciamo che la seconda parte scioglie dei nodi e presenta dei turning point accennati e intuibili nella prima parte. Quindi un film a tutto tondo, perfetto direi! 🙂