Il racconto dei racconti di Matteo Garrone: la recensione

il-racconto-dei-raccontiNon esistono fiabe non cruente. Tutte le fiabe provengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia.
(Franz Kafka)

Il grande potere delle fiabe, di tutte le fiabe, sta nel raccontarci la verità del reale tramite l’accattivante maschera del fantastico. Le fiabe ci guardano dentro, parlano di noi, dei nostri desideri, dubbi, sentimenti. Ma lo fanno senza la pesante coltre della realtà e del realismo, che rendono tutto un po’ più ostico e ostile. La fiaba sfodera l’arma della magia, dell’immaginazione, dell’irreale e del surreale per colpire nel segno. Ecco, Il racconto dei racconti di Matteo Garrone riesce in questo: parlare all’uomo-spettatore tramite la fiaba (del cinema). Perché innanzitutto è di questo che stiamo parlando: il cinema è fiaba e la fiaba è cinema, sin dai tempi delle “attrazioni” di Méliès…

Il racconto dei racconti è una grande indagine sul desiderio umano: il desiderio di maternità (la regina Salma Hayek), di onore e sacrificio (il re John C. Reilly), di indipendenza e autodeterminazione (il principino Christian Lees e la principessa Viola interpretata da Bebe Cave), di egoismo e prevaricazione (il re Toby Jones), di sesso e piacere “a comando” (il re Vincent Cassel), di bellezza e riscatto (le due vecchie Shirley Henderson e Hayley Carmichael). Ed è un’esplorazione che scandaglia con vastità e profondità proprio perché confinata e inscritta nella fiaba (altrimenti il risultato sarebbe stato assai meno efficace). Oggetto è quel desiderio che, in realtà, è il motore delle fiabe di tutti i tempi (il brutto anatroccolo e Cenerentola volevano diventare belli, i Fratelli Grimm avevano una curiosità smodata, ecc.).
Un desiderio che è anche quello di Matteo Garrone di realizzare un film mai visto prima in Italia: un fantasy. Se non fosse per C’era una volta (1967) di Francesco Rosi, anch’esso, come il film di Garrone, tratto da varie novelle de Lo cunto de li cunti di Giovan Battista Basile, staremmo parlando del primo e unico fantasy della storia del cinema italiano (ma con attori di varia nazionalità).

Il racconto dei racconti di Matteo Garrone è il film dei film nel genere fantasy. Anche se, a ben vedere, quell’etichetta di genere gli va un po’ stretta. Sì, perché Il racconto dei racconti non è propriamente un fantasy. Ne possiede degli elementi e dei contenuti (lo stregone, il mostro marino, animali giganti, ecc.), ma il ritmo non è quello dell’avventura, bensì del sogno, della magia, quasi dell’ipnosi. Il film tintinna negli interni e non galoppa nelle praterie. Il racconto dei racconti va oltre il fantasy, facendosi cupissimo, nerissimo, ricco di sangue, quasi horror a tratti. Inoltre, a differenza di tanto simil-fantasy soprattutto orientale, vi rimane forte la componente artigianale degli “effetti speciali”. Sia ben chiaro, il digitale c’è, ma non viene abusato. I tre mostri della storia si muovono poco o nell’ombra o offuscati da torbide acque, e quando li vediamo in piena luce è palpabile la loro componente “casereccia”, ruvida, quasi di macchinari ricoperti ad arte.

A tutti questi elementi il regista di Reality somministra il suo tipico gusto felliniano. È palese sin dalla primissima sequenza, con quei saltimbanchi che ricordano La strada di Fellini, o nel finale con quell’acrobata che rimane in bilico sul filo, sospeso proprio come il film. Ma c’è anche il Fellini più subdolamente e spudoratamente erotico, in quel dito nel buco della serratura succhiato dal re Vincent Cassel o nei prosperosi seni spiaggiati delle donne (forse ninfe?) che partecipano ai baccanali silvestri del re lussurioso.

È inoltre un Garrone che cita la pittura con scorci d’alto valore iconografico e “quadri” dal sapore rinascimentale e barocco. Immagini potentissime rievocano scorci secenteschi e medievali, ma anche Veneri del Botticelli e principesse nel Paese delle Meraviglie che hanno qualcosa delle donne ritratte da Vermeer. Ma non solo le arti figurative, anche le grandi storie e miti dei tempi antichi, da Amore e Psiche a Giuditta e Oloferne.

Insomma, Il racconto dei racconti non è un Game of Thrones all’italiana, né tantomeno una fotocopia del fittizio mondo del Signore degli anelli, né ancora il “felice e contento” scenario immaginato da bambini e nonni avidi di letture come accadeva nell’indimenticabile La storia fantastica (1987) di Rob Reiner. Nel film di Garrone non c’è realtà né proiezione nell’immaginazione, ma solo un mondo fantastico. E, proprio perché non mediato, Garrone può calarvi tutto il suo mood onirico, stagnante, inquietante. Ma non solo. Garrone mette presto da parte quel velato virtuosismo che da sempre caratterizza il suo cinema, rimettendosi alla “semplice” narrazione di storie meravigliose che oggi non sappiamo più inventare, finendo per accompagnare il tempo del racconto con umiltà e personalità, come un buon “servitore di corte”, come il fido primo consigliere del vero racconto dei racconti: il Cinema.

8 commenti

  • Alberto Venieri

    Ho visto il film il 30 maggio . non ho parole . una brutta copia dei film Fantasy di altri paesi ( che , per inciso , lo sanno fare meglio ) . i paesaggi sono belli , ci sono splendidi scorci dell’ Italia , bellissima e onirica la scena finale , qualche raro momento di interesse ma… deludente e irrisolto . Pessimo il cast : si salva solo Vincent Cassel . Salma Hayek è inesistente , non si capisce che cosa ci faccia , il re da operetta che alleva la pulce è .. mah non ho parole . nel complesso un’occasione persa . Non capisco tutto questo entusiasmo per un film così mediocre , che non da emozione , non prende , non lascia niente . Solo effetti speciali e nient’altro . so di essere in minoranza , tutti o quasi hanno gridato al grande film . Non capisco perchè . Poi da quando c’è la moda di farsi produrre i film da americani o inglesi il livello si è abbassato , prima c’ erano le coproduzioni , ma di ben altro valore . Erano anni che non tornavo al cinema , deluso dalla mancanza di film interessanti o di valore , non credo che rimetterò piede al cinema visto l’andazzo e mi rifugierò ( datemi del passatista ) nei grandi vecchi film italiani e stranieri . quelli valgono qualcosa , anzi mooolto. Alberto Venieri

    • Caro Alberto, il fatto è che tecnicamente il film di Garrone non è un fantasy. E’ stato venduto come tale, ma non lo è. Se tu ri-guardassi il film con occhio “vergine” lo sapresti apprezzare. E’ una grande operazione cinematografica, secondo me di grande pregio e grande merito.
      Riguardo la questione di “fuggire” in America per farsi produrre i film, è una pura questione di soldi e di voglia di mettersi in gioco e rischiare. In Italia questo film a Garrone lo avrebbero prodotto a fatica. Era un’impresa molto scivolosa, e con i soldi in mano l’America ha capito che il gioco valeva la candela.
      Infine, sul tuo andare o meno al cinema, ti invito ad andare. La selezione non è delle migliori ultimamente, ma c’è della roba che vale la pena vedere (un consiglio? l’ucraino “The tribe”). Poi se riguardi i vecchi film non sei un passatista, ma un amante del cinema.

  • Alberto Venieri

    Ti ringrazio della gentile risposta e mi scuso per i toni, forse un pochino forti , ma credo che ognuno di noi ha un proprio occhio per i film. se io facessi vedere qualsiasi film a un certo numero di persone avremmo pareri diversi . iO NON contesto che in Italia non ci siano capitali , ahimè è vero . Purtroppo i grandi produttori di una volta non ci sono più e oggi si è perso questo . Se penso a Cecchi Gori che produceva ” Il Sorpasso ” o ” L’Armata Brancaleone ” con un gusto per il buon cinema che si è perso mi viene da piangere . Però al netto del film di Garrone in alcuni casi ritengo che si producano brutti film , opinione personale . Sull’andare al cinema seguo il tuo consiglio , cercherò film che sono validi . Ti ringrazio di nuovo . Alberto Venieri

    • Caro Alberto, nessun problema per i toni, perfettamente comprensibili. Riguardo i produttori sono d’accordo con te, ma i tempi sono cambiati e, volenti o nolenti, è una cosa da accettare. Pensa che proprio ieri sera riguardavo “Senso” di Visconti (e ho detto tutto…). Per il resto vai al cinema, magari selezionando i film con cura, ma qualcosa di buono si trova, te lo posso garantire.
      Ti aspetto nuovamente tra i commenti ai miei post! a presto!

  • Garrone fa un po’ quello che ha fatto Mainetti, con proporzioni diverse. Ha preso un genere non tipicamente italiano e l’ha fatto diventare tale. La scelta di usare delle fiabe popolari Campane invece dell’epic fantasy Norreno è una scelta più che azzeccata.
    Come Mainetti, Garrone osa, con mezzi economici, alle spalle, maggiori, e stupisce.
    “Il Racconto dei Racconti”, come la sua controparte Mainettiana, conquista 7 David ed entra di diritto nella stratosfera del cinema italiano. La rinascita continua, anche e soprattutto, rivoluzionando i preconcetti del cinema nostrano.

    Ecco qui il link della mia recensione completa: http://mgrexperience.blogspot.it/2016/05/il-racconto-dei-racconti-tale-of-tales.html

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