Il metodo Kominsky: vecchiaia da spasso con Michael Douglas
Recensione di Il metodo Kominsky, serie tv Netflix con Michael Douglas e Alan Arkin.
Il lavoro dell’attore su se stesso e Il lavoro dell’attore sul personaggio sono le due pietre miliari del noto metodo Stanislavskij, messo appunto dall’omonimo attore e regista russo agli inizi del Novecento. Ed è a questo modus recitandi che richiama Il metodo Kominsky, serie tv scritta e prodotta da Chuck Lorre, ideatore delle sitcom di grande successo Dharma & Greg e The Big Bang Theory. Interpretato dalla strana coppia Michael Douglas e Alan Arkin, Il metodo Kominsky è una delle piccole grandi perle di Netflix.
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“È doloroso essere umani. Perché essere umani ed essere feriti sono la stessa maledetta cosa!” afferma Alan Arkin in una scena portante della serie. E Il metodo Kominsky, dietro la sua scorza di leggerezza, è un’opera che riflette sulle gioie e i dolori degli uomini. L’amicizia, la vecchiaia, la paura di restare soli, la necessità di avere una spalla su cui appoggiarsi o piangere. Questi e molti altri sono i temi che s’intrecciano nella serie, pur ben nascosti dietro la maschera fresca e briosa di dialoghi scritti alla perfezione. Il metodo Kominsky fa della semplicità la sua carta vincente, divertendoci con implacabile ritmo matematico, ma anche smuovendoci qualche farfalla nello stomaco.
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E un’altra prospettiva interessante da cui “osservare” Il metodo Kominsky è la performance dei due attori protagonisti. Del talento comico di Alan Arkin c’è ben poco da dire, poiché già (di)mostrato in molti film. Ficcante, asciutto, dove niente è lasciato al caso. Merita invece due parole l’inaspettata vis comica di Michael Douglas. Una prima “prova” ce l’aveva data in Mai così vicini, commedia geriatrica di Rob Reiner del 2014 con un’anchilosata Diane Keaton. Ma la pochezza della sceneggiatura non lo aiutava. Ne Il metodo Kominsky, invece, Douglas ci crede così tanto da figurare tra i produttori esecutivi. E non solo tira fuori i soldi, ma anche un (senso dell’)umorismo davvero prezioso. Simpatico, auto-ironico, furbastro, graffiante. Il sex symbol degli anni Novanta ha perso il pelo ma non il vizio. È invecchiato, e non esita a mostrarsi con la coppola da nonnino in testa, la barbetta ispida non fatta, il passo non sempre sicuro di chi non è più un giovincello. Michael Douglas si mette in gioco e fa centro, con una delle prove più convincenti, oltre che divertenti, degli ultimi anni. A quanto pare Il metodo Kominsky… funziona!