Il gioiellino di Andrea Molaioli: la recensione
Recensione di Il gioiellino di Andrea Molaioli.
Un gioiellino sì, ma di bigiotteria. Da pochi carati, senza pietruzze luccicanti. Questo è Il gioiellino, l’ultimo film di Andrea Molaioli, il quale ci aveva abbagliato con l’affascinante La ragazza del lago. Ispirandosi allo scandalo Parmalat, il regista confeziona una pellicola sui “trucchetti” finanziari per tenere in piedi un’azienda dei giorni nostri. Un caso particolare estendibile a livello universale. Una storia torbida e per questo reale. Ma non tutte le ciambelle della Leda riescono con il buco. Il film rimane freddo come gli ambienti che ci mostra, nonostante le buone capacità registiche di Molaioli, la straniante colonna sonora di Teardo e la fotografia del maestro Bigazzi. La linea rimane piatta, come un elettrocardiogramma privo di picchi di vita (compresa la scena di sesso tra Servillo e Felberbaum fuoriluogo e fuoritema nel detto-non-detto che inquadra tutto il film). Non c’è mai quel cambio di passo, di ritmo, che possa attanagliare l’attenzione dello spettatore per condurlo in terra piana verso un finale che lascia interdetti. Le ellissi spazio-temporali non aiutano la comprensione, anzi tutt’altro. La suspence e quell’atmosfera noir presente nel film d’esordio non si ripetono in questa seconda non-perla.
Comunque certamente degne di nota due sequenze: quella della creazione del falso in bilancio (“i soldi inventiamoceli”) e quella dello sbarazzamento delle carte dell’azienda, con fascicoli in bilico sui muretti delle scale interne, fogli che volano nel fiume e scatoloni scaricati ai cassonetti sparsi nella città.
In merito agli attori non mi scompongo troppo di fronte alla buona prova di Remo Girone, mentre batto le mani per Sarah Felberbaum che mostra di che pasta è fatta, liberandosi dalla pesante àncora televisiva de La figlia di Elisa di Rivombrosa. Pur essendo sempre un grande attore, a Toni Servilllo va solamente un mezzo applauso con tono ben più borghesotto e snob. La sua faccia è sempre la stessa, un volto lungo da cavallo che gioca sulle sopracciglia mobili e l’occhio lesso. Attendiamo una performance nuova, lontano dalle posture sorrentiniane. Ad esempio un bel ruolo in una commedia amara, pungente, brillante.