Il collezionista di carte di Paul Schrader: recensione
Recensione di Il collezionista di carte di Paul Schrader.
C’è chi dice che Paul Schrader faccia da anni sempre lo stesso film. E io dico: ben venga se il risultato è Il collezionista di carte, opera nerissima e durissima che lega a doppio filo il più cinico e sensuale gioco d’azzardo con le abominevoli torture della prigione di Abu Ghraib. Trait d’union è Will Tell, uno dei personaggi meglio interpretati da Oscar Isaac, che si conferma uno dei più bravi attori contemporanei.
Quello di Schrader è un cinema che può e che sa essere disturbante, invasivo, crudo, crudele. Ma soprattutto e principalmente funziona perché è Cinema con la C maiuscola. Ed è questo il primo pensiero che ci satura la mente arrivati in fondo a Il collezionista di carte, un film che può non convincerci del tutto, che può anche apparire leggermente confuso in alcuni passaggi e connessioni, ma poco importa di fronte ad un linguaggio filmico così ficcante, sfacciato, intenso, profondo, come un pugnale conficcato nello stomaco.
Il collezionista di carte è un’onda anomala che ci travolge sin dalla prima sequenza e ci trascina a fondo, ci toglie la terra da sotto i piedi e ci porta via con sé per due ore frastornanti e bellissime, come su una giostra da luna park dalla quale non vorremmo ma scendere.
Il collezionista di carte è un film che, non solo per la voce fuoricampo del protagonista o l’atmosfera cupa che lo ammanta, ci ricorda quel Taxi Driver che lo stesso Schrader scrisse nel 1976 per Martin Scorsese, qui produttore del film. Nichilismo, male di vivere, attrazione per l’estremo, ci sono i sentimenti più oscuri e biechi nello statuario e intrigante personaggio interpretato dal bravissimo Oscar Isaac, forse nella sua performance più caratterizzata e definita dal punto di vista psicologico e fisico.
Insomma, a 75 anni Paul Schrader realizza un film grandioso, quasi trionfante, nebuloso, cinereo, lapidario, patinato, levigato. Come un casinò tirato a lucido in modo maniacale, sopraffino, privo del minimo alone. Il collezionista di carte gronda settima arte come solo i cult sanno fare, strabordando oltre i confini dello schermo cinematografico.