Hereafter: Eastwood convince solo a metà – recensione
Recensione di Hereafter di Clint Eastwood.
Premessa: confrontarsi con un mostro sacro come Clint Eastwood non è certamente facile. Soprattutto quando con onestà si devono mettere in luce piccole o grandi magagne del suo ultimo film, acclamato come un capolavoro. Insomma, ricondurre anche il buon vecchio Clint sotto la legge “date a Cesare quel che è di Cesare”. Fine premessa.
Voglio essere chiaro sin da subito: Hereafter è un bel film, ma non un capolavoro. Nel modo più assoluto. E’ superiore al semi-scialbo Gran Torino, ma ce ne corre per arrivare ai livelli di Mystic River e soprattutto di Million Dollar Baby.
Hereafter è una pellicola tripartita. E questo è un primo punto debole. Eastwood deve così applicarsi su 3 storie diverse, nessuna delle quali pienamente riuscita, che tendono a sovrapporsi solo nei minuti finali. Certamente migliori quelle con protagonisti il piccolo Marcus e il sensitivo George Lonegan. A rimetterci, nonostante la sconvolgente e agghiacciante sequenza iniziale degna del migliore apocalittico di Emmerich, è la vicenda della rampante giornalista Marie Lelay. Una storia, la sua, priva di picchi, a differenza delle altre due che qualche brivido riescono a trasmetterlo. Tre binari, quindi, di diversa qualità.
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Un ulteriore punto di debolezza è l’assenza “in scena” proprio di Clint Eastwood. Mancano il suo carisma, le sue smorfie, le sue rughe cariche di espressività e di vissuto. Manca la qualità di un attore che teneva in piedi da solo un Gran Torino sottotono.
Hereafter va quindi incontro a ripetuti momenti di stallo, vuotezza drammaturgica, discorsivi, come se stessimo aspettando un’apparizione (che non arriva). Lo spettatore vegeta in una continua trance di attesa mai soddisfatta, ma attutita dalla straordinaria poesia che scorre sotto ogni inquadratura, una poesia delicata, cullante, che riesce a tenere sveglia la nostra partecipazione.
Venendo agli attori, Matt Damon, dall’aria leggermente invecchiata, è piatto, in una performance debole se non fosse per la scena della seduta col piccolo Marcus (non vi dico cosa succede!) in cui si riscatta, in cui mostra di che pasta è fatto. Bravissimo invece proprio il piccolo George McLaren (Marcus), che ricorda da vicino il bambino “fantasmino” di Un mondo perfetto (leggi la recensione).
Grosso punto a favore della pellicola non è tanto la tematica, la morte, già affrontata, ma da altri punti di vista, in Million Dollar Baby. Bensì la modalità con cui la si affronta. Eastwood mette alla ghigliottina i falsi sensitivi, ma non si pronuncia neppure apertamente a favore di quelli capaci come il suo Lonegan. Accetta come un dato di fatto l’esistenza di qualcosa dopo la morte, parimenti del caso, del fato, del destino, della coincidenza. E chiude con estremo lirisimo un finale che abbandona ogni interrogativo di fronte alla forza del calore umano che si sprigiona dal contatto tra due mani. Un finale che lascia interdetti, suscita sorrisi di ammirazione e strappa un mezzo applauso a scena aperta.
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senti l ho visto il film..xò ti ho detto nn mi è molto piaciuto..certo marcus ci dà delle scene strappa lacrime, quasi la lacrima stava x uscire..xò..nn mi ha convinto ecco
Ho trovato la CGI dell’incipit di Hereafter quasi imbarazzante. Inoltre, ritengo Gran Torino sia non solo di gran lunga superiore, ma anche genericamente, fortemente sottovalutato. E comunque: Eastwood si pronuncia chiaramente a favore dei sensitivi “capaci”, nel momento stesso in cui, come hai giustamente detto tu, “accetta come un dato di fatto l’esistenza di qualcosa dopo la morte”: ecco, in tal senso mi sarei aspettato (ma anzi, avrei tanto sperato in un) qualcosa di meno sfacciato e stucchevole. Il finale, poi, da dimenticare.
a me è sembrato un film sfacciatamente commerciale: punto e basta