Hayaletler – Ghosts di Azra Deniz Okyay: recensione film

Recensione del film Hayaletler – Ghosts di Azra Deniz Okyay.

hayaletler ghostsScritta da Vanessa Forte.

All’interno della Settimana Internazionale della Critica, nell’ambito di Venezia77, Hayaletler – Ghosts, della giovane regista e sceneggiatrice turca Azra Deniz Okyay, si è aggiudicato il Gran Premio come miglior film. Era dal 2018 che un artista turco non sbarcava in laguna.

Con un piccolo salto temporale, il film è ambientato durante un singolo giorno nell’ottobre 2020. La Okyay intreccia tra loro i fili delle vite di quattro protagonisti: Iffet (Nalan Kurucim), una madre che cede all’illegalità per trovare il denaro per aiutare il figlio ingiustamente incarcerato; Ela (Beril Kayar), una maestra artista-attivista che lotta per la comunità LGBTQ e per i diritti delle donne e dei bambini credendo ancora in un domani migliore; Didem (Dilayda Gunes), una giovane e ambiziosa ballerina che tenta di trovare il suo posto al sole;  Rasit (Emrah Ozdemir), un intermediario usuraio che sfrutta gli immigrati siriani affittando loro camere a prezzi maggiorati. Tutti loro gravitano in una Istanbul spaccata tra nuovi e costosi edifici e ruderi diroccati tipici della gentrificazione per creare la “Nuova Turchia”, sotto il controllo serrato della polizia e dove le donne anelano ancora ad una libertà negata. Il tutto scandito da blackout che riflettono il buio e la paura per il presente e, soprattutto, il futuro del paese. Ma forse, proprio quando la notte è più buia, si accenderanno piccole ma visibili luci di speranza per questi “fantasmi” abbandonati alla loro miseria.

E’ proprio attraverso questa varia umanità che la regista, qui al suo esordio dietro la macchina da presa per un lungometraggio, con sguardo acuto, appassionato e rispettoso verso i suoi personaggi, soprattutto quelli femminili, invita lo spettatore a vedere al di là delle singole storie allargando lo sguardo inquadrando la situazione di tutta la società turca, sì tesa verso il futuro ma a forte rischio di deragliamento.

Non è facile seguire questa storia, altamente metaforica. Ma la Okyay è rivoluzionaria nello smontare il classico modello cinematografico turco per proporre un film femminile, un’opera sinuosa, multifunzionale, dinamica, urbana, moderna. Usa dunque un nuovo linguaggio cinematografico dove si può cogliere tutta la sua urgenza nel filmare e mostrare, quasi fosse un film neorealista, e tutte le pulsioni e le esigenze che smuovono un’intera generazione turca. È evidente il suo desiderio d’essere una di quelle luci di speranza.

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