Guardians: supereroi dalla Russia con furore
Non sono gli Avengers né i Fantastici 4 né tantomeno i Guardiani della Galassia, ma i Guardians della Grande Madre Russia (che fa anche rima!). Supereroi all’ombra del Cremlino che, in perfetto stile nazionalista sovietico, durante la Guerra Fredda si uniscono sotto il progetto intitolato ‘Patriot’ allo scopo di difendere la patria da un cattivone efferato.
Guardians di Sarik Andreasyan segna l’aggiornamento del cinema russo alle epopee di supereroi che da decenni oramai ci arrivano costantemente dagli Stati Uniti. Un aggiornamento base, poiché non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto ci siamo abituati a vedere. Guardians ha il proprio Magneto che attira a sé le pietre, il proprio Wolverine con due sciabole arcuate che segano anche l’acciaio, la propria donna invisibile e la propria Cosa, che qui prende le forme di un uomo che si trasforma in un orso indomabile. E poi c’è il villain, spietato e deforme, che ci ricorda un po’ il mostro dei Goonies e un po’ Drax il Distruttore.
Guardians è un film da vedere col sorriso sulle labbra, senza pretendere la precisione del cinema americano. Tutto è un po’ grezzo e grossolano, la vicenda, i dialoghi, la regia, la recitazione. C’è però tanta action che sa divertire lo spettatore e un paio di elementi che hanno odorano di cult: la sequenza di presentazione dello spadaccino che nel deserto si muove più veloce di Flash e il personaggio dell’uomo-orso, che comunque palesa di aver preso ispirazione dal procione Rocket Raccoon di Guardiani della Galassia con tanto la mitraglia in mano.
Gli effetti speciali ci sono, anche se il risultato è discontinuo, soprattutto non è omogeneo. La computer grafica russa non riesce ad amalgamare bene gli inserimenti in cui agisce l’uomo-orso, che rimane troppo confinato in una dimensione visiva (anche accelerata nei movimenti) da avanzatissimo videogames.
Ma in realtà non è il caso di stare a fare le pulci ad un film che vuole solo divertire. Sa di essere comico e raffazzonato in molti tratti, ma va avanti per la sua strada. Tanto che sa concedersi non solo un’ultima battuta che è preludio ad un sequel, ma addirittura una semi-scena post-credits. Insomma, in Guardians c’è ovviamente molta America, come a ricordarci che anche nella terra degli Urali non è arrivata solo la Coca Cola. Un’accortezza: per quanto nell’intimo lo sia, non definite Guardians un’americanata. Potrebbero offendersi.