Fuori era primavera di Gabriele Salvatores: recensione

Recensione di Fuori era primavera di Gabriele Salvatores.

fuori era primaveraDopo la felice esperienza di Italy in a day del 2014, Gabriele Salvatores torna al documentario collettivo con Fuori era primavera, titolo nostalgico e poetico per un’opera che vuole raccontate l’Italia del primo lockdown, in piena prima ondata da Coronavirus. Il risultato è un mosaico sincero, pulito, appassionato e appassionante, di un popolo alle prese con le mille difficoltà e i dolori di un virus che ci ha preso tutti alla sprovvista.

Tra contributi leggeri ed altri ben più emotivamente impegnativi, Salvatores ci restituisce la fotografia variegata e coraggiosa di un Paese che non si è dato per vinto. Un film che è un documentario-documento che varrà la pena di ri-vedere anche quando il Covid sarà diventato soltanto un brutto ricordo. Ma come tutti i ricordi, prima c’è stata la realtà, l’evento, l’accaduto. Ed è stato duro, atroce, a tratti anche lancinante. E tornare a vedere tra qualche tempo Fuori era primavera ci ricorderà qualcosa che in realtà non potremo più cancellare dalla nostra memoria.

Un bimbo in arrivo e la centenaria che ha visto due guerre mondiali, il fattorino che sgobba da mattina a sera per mettersi in tasca venti euro e la giovane che non trova motivo di alzarsi dal letto la mattina, il sudore di chi combatte il virus in prima linea nelle corsie d’ospedale e lo sconforto di chi ha perso una persona cara senza poterla guardare un’ultima volta negli occhi, la spensieratezza dei bambini e la resilienza degli anziani. C’è l’alfa e l’omega, la convivenza degli opposti nel documentario social(e) di Salvatores, regista che dimostra ancora una volta una grande sensibilità ma soprattutto la capacità di uno sguardo cinematografico che sa riunire con omogeneità una folta pluralità e eterogeneità di materiali, dando senso e narrazione a ciò che a prima vista è a sé, slegato, isolato.

Disponibile su Raiplay, Fuori era primavera riesce quindi a ricreare quella comunanza di intenti, umori e suggestioni vissute a livello emotivo da un’Italia in emergenza sanitaria. Un’Italia che, come cantava De Gregori, resiste.

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