Esterno Notte di Marco Bellocchio: requiem per Aldo Moro
Recensione di Esterno Notte di Marco Bellocchio.
Le mani. Pulite o sporche (di sangue). Ci sono due scene in Esterno notte che nel dettaglio delle mani veicolano il senso, da un lato di purezza e innocenza e dall’altro di crimine e colpevolezza, di inadeguatezza e umanità dei suoi personaggi. In una scena Aldo Moro invita con insistenza la figlia, appena rientrata in casa, a lavarsi le mani. In un’altra, a rapimento avvenuto, Francesco Cossiga si osserva le mani e crede di vederle macchiate, probabilmente di sangue, ma forse anche di quei segni che riempiono la pelle dopo la morte. Da un lato un senso di candore immacolato, dall’altro di colpa che non si lava via. Ma anche di uno Stato, quello italiano, che come Ponzio Pilato pare essersi lavato le mani, ieri come oggi, in preda a imperscrutabili ragioni (di Stato, appunto), rispetto a un caso che come nessun altro ha alterato il corso della storia italiana.
Esterno notte di Marco Bellocchio è il controcampo di Buongiorno, notte. Ne è un po’ il lato b, il secondo tempo, il risvolto, l’altro punto di vista (a sua volta formato da più punti di vista) sulla detenzione e l’assassinio di Aldo Moro. Se nel caso di Buongiorno, notte, che ha aperto la strada a tutto quel (nuovo) filone di cinema politico italiano degli anni Duemila, il punto di vista era quello interno dei brigatisti che avevano compiuto la scellerata impresa (non a caso si basava sul libro Il prigioniero dell’ex brigatista Anna Laura Braghetti), con Esterno notte il punto di vista è quello degli esterni, ossia lo Stato, il partito, la famiglia, il Vaticano, i brigatisti esterni. Il risultato è un affresco di sconvolgente intensità, che nella sua lucida bellezza fa male agli occhi come aghi di spillo.
Siamo di fronte ad un racconto fiume di circa 5 ore, nato come una serie tv in sei puntate (che vedremo nell’autunno 2022 sulla Rai) ma proposto al cinema in due lunghe parti, che rievoca fantasmi mai sopiti nella storia della Repubblica Italiana e che torna a interrogarci su quel tragico punto di non ritorno. Ed è nei passaggi onirici, immaginifici e immaginati, che Esterno notte, come già aveva fatto Buongiorno, notte, dà il suo meglio. Bellocchio, alla veneranda età di 82 anni, ha la lucidità di sguardo e il coraggio artistico di dire e dare ancora molto al cinema italiano. Una filmografia, la sua, politica fin nel midollo da sempre, sin dagli esordi, e che negli ultimi film (tra cui Vincere, Bella addormentata, Il traditore) ha trovato nuovo vigore e incisività, come forse solo Elio Petri e Francesco Rosi, pur fautori di un cinema diverso, erano riusciti a fare.
Esterno notte è un film importante, mastodontico nelle dimensioni, sfaccettato nella struttura, ma compatto come una macina appesa al collo di uno Stato che non ha più trovato pace dopo quel triste e fatidico 9 maggio 1978 in via Caetani.