Easy Living – La vita facile di Orso e Peter Miyakawa: recensione
Recensione di Easy Living – La vita facile di Orso e Peter Miyakawa.
Viviamo circondati da confini: geografici, fisici, morali, spirituali. Ma cosa accade quando proviamo a oltrepassarli, infrangerli, guardando oltre il nostro ombelico, la nostra frontiera? Easy Living – La vita facile, esordio dei fratelli Orso e Peter Miyakawa, è un piccolo film che mette in dialogo tre solitudini per permettere ad una quarta di non essere più tale. Anzi, tutti ne usciranno più ricchi e “sconfinati” di prima.
Un’opera prima non priva di limiti, appunto, quella dei due fratelli dal cognome d’origine orientale, che però scelgono coscientemente un basso profilo, la semplicità, per parlarci di un tema tutt’altro che semplice: l’immigrazione. La frontiera è quella tra Francia e Italia, tra Mentone e Ventimiglia. Il tono è quello di una commedia che non calca mai la mano né sulla risata né su pretese idealiste.
Il film s’appoggia quasi interamente sulla spontaneità e la sincerità, in gesti e sguardi, dei suoi protagonisti. Per il resto, sulla regia c’è molto da lavorare, così come sulla sceneggiatura che, al netto di alcuni dialoghi che funzionano, non sa andare oltre l’abbozzo dei personaggi. Easy Living – La vita facile è carente anche nella definizione spazio-temporale e sociale della vicenda. Dai costumi, infatti, sembra d’essere negli anni Novanta, mentre la colonna sonora strizza l’occhiolino agli anni Settanta. Che questa indefinitezza sia voluta? Che i fratelli Miyakawa abbiano voluto creare quasi una fiaba senza tempo, oltre i confini del “qui e ora”? Possibile, ma siamo (troppo) indulgenti. Perché è proprio questo il punto: Easy Living – La vita facile ha vari difetti, ma glieli condoniamo tutti. E non per un’eccessiva magnanimità, ma perché le buone vibrazioni che ci lascia e le buone intenzioni che ha valgono più di un risultato filmico sinceramente piuttosto esile.