Doubles Vies di Olivier Assayas: la recensione
Recensione di Doubles Vies di Olivier Assayas.
“La nostra vita dipende da cosa pensiamo”.
Olivier Assayas torna in concorso al Festival di Venezia con un’elegante e intellettuale commedia, quasi alla Woody Allen in salsa molto ma molto francese.
Alain (Guillaume Canet) è un editore di successo che nutre seri dubbi di fronte all’ennesima opera autobiografica di Léonard (Vincent Macaigne), uno dei suoi più vecchi autori. Questo porterà lui e gli altri protagonisti di Doubles Vies, tra cui sua moglie Selena (Juliette Binoche), a riflettere non solo su come oggi si comunica, ma soprattutto sul cosa diciamo agli altri e a noi stessi.
Il regista vuole farci riflettere su un argomento profondo: come otteniamo oggi le informazioni e, soprattutto, come le gestiamo, partendo proprio dalla crisi dell’editoria di fronte all’assalto delle nuove tecnologie (ad esempio il kindle) e dei social network su cui dilagano incontrastate le fake news. Su questo tema il regista innesta le intricate vite dei suoi personaggi, intrecciandole in un ginepraio d’inganni e tradimenti, dando vita a quelle “doppie vite” che danno titolo, ossatura e cuore al film. E struttura la riflessione affidandosi alle parole espresse negli infiniti dialoghi, discussioni e chiacchiericci in cui sono sempre impegnati i protagonisti. Parole che, se da un lato fanno apparire Doubles Vies come il film logorroico, dall’altro invece sono il modo perfetto per evidenziare le contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca e le nostre esistenze.
Assayas svela i suoi personaggi come se agissero costretti dentro le pagine di un libro, ma sempre con uno sguardo affettuoso e comprensivo, nonché una generosa dose di autoironia. Una scelta di leggerezza certo non facile vista la complessità del tema, ma perfetta per mostrare, senza velleità polemiche, la commistione tra come sono veramente le cose e come le percepiamo.