Doppio amore: l’ultimo Ozon è una mezza delusione

Recensione del film Doppio amore di Francois Ozon, con Marine Vacht e Jérémie Renier.

Doppio amore di Francois OzonScritto da Pietro Braccio.

Presentato in concorso al 70esimo Festival di Cannes, ad aprile è uscito (finalmente!), a quasi un anno di distanza, anche nelle sale italiane Doppio amore di François Ozon, tra i più apprezzati autori francesi e vero habitué dei circuiti festivalieri.

Protagonista è una donna, ritratta nel pieno della sua fragilità, che si ritrova ad instaurare una relazione con il suo psicanalista: lo spunto di base, seppur non originalissimo, è comunque indubbiamente interessante. E si fa ancora più intrigante quando la donna conosce il gemello di lui, anch’egli psicologo, e inizia un morboso rapporto anche con lui. Qualcuno ha detto che ricorda Ozpetek? Beh, meglio parlare di un solo film brutto alla volta.

Infatti, purtroppo, non tutto funziona come deve, e dopo una prima parte ben strutturata, caratterizzata da una regia ispirata e da una sceneggiatura apparentemente efficace, il film finisce per non convincere, con tanto di finale così deludente da far dimenticare le (poche) cose buone seminate. Lo spettatore cerca di capire che strada voglia prendere il film, ma finisce per smarrirsi. Di fatto Doppio amore è un dramma, una sorta di thriller psicologico con venature horror. E quest’ultime sono alquanto evitabili, poiché rischiano di generare risultati opposti a quelli desiderati, ossia una parodia dei film di Cronenberg, come dimostrano le molteplici risatine in sala.

Per quanto riguarda il cast, Jérémie Renier è carismatico, pienamente convincente nel difficile ruolo dei due fratelli, identici di aspetto ma diametralmente opposti caratterialmente. Marine Vacht, bellissima e perfetta in Giovane e bella (che Ozon presentò a Cannes cinque anni fa), invece non risulta essere stata una scelta vincente: forse perché troppo giovane, non riesce a dare profondità ad un personaggio oggettivamente complesso.

Alcuni potrebbero ritenere alcune scelte volutamente eccessive. Ma il problema di Doppio amore non è, ad esempio, l’inquadratura di una vagina apparentemente fuori contesto. Bensì l’amaro in bocca che si prova giunti ai titoli di coda.

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