Brutti e cattivi di Cosimo Gomez: la recensione
Recensione di Brutti e cattivi di Cosimo Gomez.
Non è bello quel che è bello, ma è bello quel che piace. Brutti e cattivi di Cosimo Gomez non è bello (perché i personaggi sono uno più brutto e deforme dell’altro) ma piace, eccome se piace! Una black comedy cattivissima, priva di qualsivoglia redenzione, carica di sadica ironia, paurosa e spassosa allo stesso tempo, che quasi pare impossibile che un film del genere sia nato in seno al cinema italiano, troppo spesso piatto e omologato.
Invece l’esordio alla regia del fiorentino Cosimo Gomez, da toscanaccio senza freni né pudore, forgia un film che è un piccolo grande tendone degli orrori, con personaggi circensi e borderline che paiono estremizzare quel mondo tanto caro a Fellini e Pasolini. I reietti, gli emarginati, i diversi, ma anche gli artisti, i truffatori e i bricconcelli della strada. Brutti e cattivi radicalizza i mostri e nuovi mostri di Dino Risi, accentuando il difettuccio fisico e morale in deformazione e menomazione sia interiore che esteriore. I suoi personaggi sono creature del buio, angeli neri senza ali e diavoletti rossi senza coda. Esseri al limite dell’irreale nella realtà della periferia romana senza legge e senza cuore. Avidi, traditori, meschini, sboccati, volgari e goderecci. Sono un teatrino della feccia umana che se ne frega della salvezza dopo la morte.
Cosimo Gomez ironizza, con tocco affilato ma mai davvero scandaloso, sulla cronicità dei difetti dell’uomo a livello manifesto e spirituale. Brutti e cattivi è pop, pacchiano, spaccone e tamarro, vuole esserlo a piene mani e piedi, smitizzando ogni credo, qualunque esso sia. Un’opera che mette il dito nella piega di un cinema italiano troppo spesso con la coda tra le gambe, per far venire a galla tutto il sangue perché sa che sotto si nasconde un siero che fa guarire, in nome del coraggio espressivo e della libertà dei contenuti, una volta tanto non democristiani.