Bone Tomahawk: cannibal western da applausi | recensione film

Recensione del film Bone Tomahawk di S. Craig Zahler.

Bone TomahawkBone Tomahawk di S. Craig Zahler è ciò che vorremmo più spesso dal cinema di oggi: prendere un genere, mangiarlo, digerirlo e poi farne qualcosa di nuovo, pur non snaturando la tradizione. Bone Tomahawk è un perfetto esempio di western moderno. E ho detto moderno, non contemporaneo. Questo perché mantiene fede a molti stilemi e atmosfere del genere, pur inserendo degli elementi di novità che danno qualcosa in più al pubblico di oggi stanco di molto “già visto”. Ecco, Bone Tomahawk non sa di già visto, anzi!

Gli indiani, che selvaggi! Indiani che attaccavano alle diligenze, ululavano a tutta briglia, scoccavano frecce come non ci fosse un domani. Indiani che spesso abbiamo associato, però, anche ad una certa moralità, se non un approccio zen alla vita. Ecco, scordate tutto ciò e domandatevi: ma se gli indiani fossero stati cannibali? Ecco il cuore (da prendere a morsi!) di Bone Tomahawk che, come in un Tex post-moderno, prende una tipologia di film tanto amata e tanto standardizzata e la rimescola in nome dello stomaco, più che della pancia.

Bone Tomahawk, diciamolo, poteva adagiarsi su questa novità, e fare tutto il resto coi piedi (neri, come la tribù). E invece no. S. Craig Zahler non è un cazzaro, ma un perfezionista, e Bone Tomahawk ha una regia egregia, una sceneggiatura con dei personaggi ben curati psicologicamente e dei dialoghi coi controfiocchi. Più di due ore di western che scorrono via velocissime. E questo perché Bone Tomahawk sa creare una infida e ipnotica atmosfera, dove sappiamo che l’indiano c’è, è lì, fuoricampo, pronto a colpire come in un western dei tempi d’oro. Un’atmosfera che i personaggi imparano ad abitare, senza gongolarsi, senza scadere in macchiette. Il realismo domina, fino a sconfinare nelle brutali esecuzioni cannibale degli indiani (geneticamente modificati?), fino ad uno squartamento che aspira al cult. Ma Bone Tomahawk, che alcuni per certi versi potrebbero accostare a qualche film di Tarantino, pur facendo leva su una componente che tende allo splatter, in realtà non esagera mai. Sì, colpisce basso, molto in basso, ben sotto la bocca dello stomaco, ma non mostra tutto, non mostra sempre, non mostra a oltranza. Ecco, non è ingordo da questo punto di vista. Più e più volte ricorre saggiamente al fuoricampo sonoro, con rumori organici, ossei e muscolari che danno i brividi, che ci fanno chiudere gli occhi come se non volessimo vedere ciò che comunque non ci viene mostrato.

Bone Tomahawk cammina sulle gambe di un cast in forma smagliante, capitanato dall’accoppiata Kurt Russell e Richard Jenkins, ben sostenuti dai comprimari Patrick Wilson e Matthew Fox. Brava anche la bella Lili Simmons nei panni di una coraggiosa signora del West.

Peccato che in Italia il film sia uscito direttamente per l’home video, perché al cinema, soprattutto a livello sonoro, avrebbe spaccato.

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