BlacKkKlansman di Spike Lee: la recensione
Recensione di BlacKkKlansman di Spike Lee.
“Negro”. Questo il termine più ricorrente in BlacKkKlansman. L’ultimo film di Spike Lee è un vero cazzotto nello stomaco, un’opera incazzata e cazzuta che ci racconta un episodio di ieri, tratto da una storia vera, per parlarci dell’oggi.
Primi anni settanta. Ron Stallworth, primo afroamericano a diventare poliziotto a Colorado Springs, indaga come infiltrato sui movimenti di protesta black. Quando un giorno, telefonando alle alte sfere del Ku Klux Klan, si spaccia per bianco razzista e decide di aderire alla “organizzazione”. Troverà il suo “alter ego” bianco nel collega ebreo Flip Zimmerman.
Dopo oltre dieci anni di flop cinematografici (da Miracolo a Sant’Anna al remake di Old Boy fino al più recente Chi-Raq) Spike Lee ritrova la lucidità, fredda e allo stesso tempo palpitante, dei tempi de La 25esima ora e Inside Man e ci regala un grande film, nuovo tassello del suo affresco sull’America nera (dopo, tra gli altri, He Got Game, Bamboozled, Malcolm X, Fa’ la cosa giusta).
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BlacKkKlansman rasenta la perfezione e trabocca di quel coraggio che Spike Lee, cinematograficamente parlando, ha sempre dimostrato, anche a costo di prendere delle sonore cantonate. Stavolta si tratta di un sonoro successo, un film quasi ineccepibile in ogni suo aspetto, tecnico e artistico. Con un inizio e un finale assolutamente folgoranti e psicologicamente violenti sulla mente dello spettatore (il film si apre con il discorso razzista di Kennebrew Beauregard, interpretato da Alec Baldwin, e si chiude con immagini della marcia per i diritti civili dell’agosto 2017 a Charlottesville e le dichiarazioni di Donald Trump dopo i tragici avvenimenti).
America First. Il noto slogan elettorale di Trump viene evocato più volte dai personaggi a capo del KKK. Un concetto inventato agli albori del ‘900 dal presidente Woodrow Wilson negli anni in cui Nascita di una nazione di David W. Griffith (opera protagonista di una delle sequenze più forti del film) rinfocolò l’odio verso i neri. Spike Lee sa di picchiare duro, come anche dimostra l’ultima immagine, con la bandiera americana a tutto schermo capovolta e che trascolora verso un tagliente bianco e nero. Sa che anche questo film creerà scandalo e darò fastidio a qualcuno. Nonostante questo, va avanti come i treni, proprio come il suo film procede senza fare sconti, in un crescendo di tensione che non perde un colpo, né in termini di sceneggiatura né in termini di regia. Spike Lee è tornato, ispiratissimo, in piena forma. E questo è un bene sia per il cinema che per la società umana tutta.