Below her mouth: l’amore lesbo su Netflix
Recensione di Below her mouth di April Mullen, disponibile su Netflix.
La vita di Dallas (e Jasmine). Potremmo sottotitolare così Below her mouth parafrasando il capolavoro di Abdellatif Kechiche, La vita di Adele. Ma se al film di produzione canadese, e tutta al femminile (diretto da April Mullen, scritto da Stephanie Fabrizi, interpretato da Natalie Krill e Erika Linder), non manca la carica erotica, a tratti anche più spinta di quella del regista franco-tunisino, rispetto al film Palma d’oro a Cannes 2013 manca un più attento e diffuso scavo psicologico dei personaggi, che irrompono sullo schermo con tanto corpo e carne ma non altrettanta anima e cuore.
Dallas, lesbica dichiarata che da “esibito” tomboy (maschiaccio) si guadagna da vivere riparando tetti, e Jasmine, caporedattrice di una rivista di moda sulla via del matrimonio col fidanzato di sempre, si incontrano una sera in un locale ad una festa per sole ragazze. Tra loro è colpo di fulmine, anche se Jasmine vorrebbe resistere alla tentazione, cosciente di come questo potrebbe mandare a rotoli le sue certezze in quanto ad amore e sessualità. Ma Dallas non si ferma, l’attrazione tra le due si fa incontenibile, e le loro vite non possono che essere sconvolte da un istinto che ben presto si (di)mostrerà come qualcosa di più.
Below her mouth punta forte sulla fisicità delle sue ottime interpreti: Erika Linder, modella svedese dall’appeal mascolino che ricorda, complice il capello biondo, la Léa Seydoux di La vita di Adele, e Natalie Krill, ballerina e attrice soprattutto per la tv. Due gatte di razza, la prima più selvaggia e disinibita, la seconda più sofisticata e addomesticata. Due presenze che si fanno notare, con corporeità che irrompono in modo cristallino sullo schermo.
Il film non si risparmia in quanto a scene di sesso, lasciando che il lato più ferino vada a dominare su quello poetico di ogni relazione d’amore. Perché Below her mouth, andando oltre la mera definizione di film erotico lesbo, che comunque sia sarebbe da ipocriti nascondere, è innanzitutto una love story e di formazione tra due trentenni in cerca d’amore e identità sessuale. Pur ben scritto e ben diretto, Below her mouth, complice anche la ridotta durata tipica di un film indipendente, alla fine della fiera scarseggia nella componente “spirituale” dei due personaggi. Non che manchino momenti romantici o introspettivi (molto bella la sequenza in cui le due donne si raccontano l’infanzia sullo sfondo di una giostra che fa tornare bambine), o altri in cui emerge il tormento di una situazione che pare ingestibile (in questo è più efficace la prova di Erika Linder nell’ultimo parte di film), ma la sensazione è che Below her mouth sia sbilanciato sulla componente fisica, la quale (purtroppo?) finisce per configurarlo più come una storia di sesso che una storia d’amore.