Basilicata coast to coast: on the road all’italiana | recensione film

Recensione del film Basilicata Coast to Coast di Rocco Papaleo, con Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Gassman e Max Gazzè.

Basilicata coast to coast filmAbbandonando l’abusata ambientazione domestica nella quale si è accasciato il cinema italiano degli ultimi anni, Basilicata coast to coast inforca con coraggio l’inusuale strada del road movie tanto da essere un Easy rider nostrano. Il provincialismo è il vero punto di forza di un piccolo grande film, leggero ma non troppo, piacevole e riflessivo, un futuro cult di periferia (e non solo).

Geniale nella sua semplicità l’idea alla base della sceneggiatura, originale quanto basta per portare sui nostri schermi un film d’esordio sicuramente da promuovere, seppur non privo di qualche difetto. Azzeccato il quartetto dei protagonisti alla I soliti ignoti: alla voce un esaltato professore autore di testi alla Tony Pisapia (L’uomo in più di Sorrentino), al contrabbasso un muto sempliciotto sfortunato in amore, alla chitarra un timidone che ha abbandonato gli studi di medicina, al fodero della chitarra un fascinoso gigolò televisivo di serie B dalla camicia perennemente aperta fino all’ombelico. Per questa armata Brancaleone di squattrinati organizzati il pellegrinaggio in nome della musica sarà medicina per il cuore e per l’anima, pur senza mai calcare la mano sull’aspetto esistenziale.

Vero motore delle gag è la coppia Gassman-Papaleo. Il primo ritrova la vis comica del memorabile Teste di cocco, il secondo genera irrefrenabili risate con la grottesca potenza del solo sguardo allucinato. Stona la recitazione di Giovanna Mezzogiorno, troppo finta rispetto alla spontaneità dei compagni di viaggio, ben più adatta alle parti urlate di Vincere o L’ultimo bacio che non al registro della commedia.

Basilicata coast to coast è uno stralunato e randagio sponsor turistico alla regione lucana, al suo sole abbagliante e ai suoi brulli pendii, senza mai scadere nella cartolina. La componente musicale, insieme alla simpatica cadenza linguistica di un non-profondo sud, rende organico un montaggio non sempre fluido. Funzionano le scanzonate canzonette della picaresca band e il cullante contrabbasso dal gusto dolcemente jazz di Max Gazzè.

Emergono anche un paio di citazioni sul grande cinema italiano di “tempi d’oro”: l’insegna “Rocco e i suoi cugini” ricorda il capolavoro viscontiano di Rocco e i suoi fratelli, mentre la scultura presente sulla locandina è eco della statua volante che apre La dolce vita di Fellini.

La regia, a tratti disomogenea e anonima, trova un’ancora di salvataggio nella macchina a mano da reportage di guerriglia urbana. Ma non andiamo a cercare il pelo nell’uovo. L’esordio alla cinepresa di Rocco Papaleo merita un compiaciuto applauso per aver portato in sala il volto sano e popolare di un’umanità meridionale che non fa rima con la criminalità organizzata.

2 commenti

  • è un film che ho amato molto! Condivido in pieno l’analisi del film, soprattutto quando parli di dare dignità alle sconosciute terre del sud che vengono sempre e soltanto rappresentate come terre di briganti. I modelli credo che siano easy rider ma anche kusturica. Ciao!

  • Anche a me questo film è piaciuto molto e condivido la tua osservazione che la performance di Giovanna Mezzogiorno stona rispetto alle altre.
    Inoltre è vero: è bello che per una volta un film sia ambientato al sud e non ci sia la mafia di mezzo.

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