Barbara Paz: “Ecco il mio poema per Babenco”. Intervista alla regista.
Attrice e regista dal sicuro avvenire, la brasiliana Barbara Paz raccoglie le ultime volontà di suo marito, il cineasta Hector Babenco, realizzando il suo primo lungometraggio. L’abbiamo incontrata in occasione del 76esimo Festival di Venezia dove, in concorso nella sezione Venezia Classici Documentari, ha portato Babenco: Tell me when I die. Ecco cosa ci ha detto.
Uno dei più grandi poeti italiani, Ugo Foscolo, dice che l’arte, così come un sepolcro, rende la memoria eterna. Questo film è la tua poesia visiva per tuo marito Hector Babenco?
Sì, esattamente. Hai capito benissimo lo scopo del film. Questo film è il mio poema per lui.
Nel film Babenco dice che “bisogna raccontare una storia per poterla dimenticare”. Quindi questo film è anche una sorta di catarsi?
Sì, in un certo senso. È una necessità, non per dimenticare, ma per continuare la mia vita da sola. Diciamo che è il mio percorso dopo la sua morte, un proseguimento. Per questo è stato importante non solo fare questo film ma anche un libro che non è ancora uscito in Italia.
Per Hector un film “prosegue” l’emozione che lo ha generato. Penso che in questo caso non sia stata un’unica emozione ma una specie di mare costituito dalla tua e dalla sua emotività. Come sei riuscita a fonderle?
(Cominciando a piangere) Con amore. Questo film è una storia d’amore e al contempo è la dimostrazione della magia che compie il cinema. Come hai notato, questo film è tutto quello che aveva lui unito a tutto quello che avevo io. È il racconto del cinema di Babenco, della sua vita, della sua morte, del nostro amore e del tempo trascorso insieme perché non potevamo vivere separatamente. È un racconto che mette insieme tutto, anche i ricordi di cui Hector voleva parlare per poterli fissare visto che stava perdendo la memoria.
Come sei riuscita a non affogare in questo mare, a mantenere la partecipazione ma anche una sorta di distacco necessario al racconto? Deve essere stato difficilissimo…
(Sempre piangendo) C’è voluto del tempo. Ho girato e ho messo nel film tutto quel che potevo. Ma poi il mio montatore mi ha suggerito di aspettare, di prendermi il tempo necessario prima di finire il film. Ho accettato il suo consiglio e così dopo un anno sono riuscita ad avere la lucidità necessaria per poterlo concludere.
Nel film le emozioni vengono espresse spesso attraverso delle immagini esplicative. Ad esempio nella scena iniziale la cinepresa guarda sotto il pelo dell’acqua, che è proprio la sensazione di chi sta affogando, di chi vorrebbe prendere un respiro e gli manca pochissimo all’aria…
Ecco, questo è proprio l’esempio di unione di cui parlavamo prima. Ho voluto ricreare un sogno che ha avuto Hector, la manifestazione del suo desiderio di scappare dalla malattia e dalla morte. Nel sogno era in una grotta sott’acqua e con lui c’erano degli altri malati che lo volevano trattenere mentre il suo desiderio era di fuggire. Lui me lo ha raccontato e poi è morto. Ma io l’ho voluto ricreare anche come rappresentazione dello smarrimento provocato dalla morfina nel momento che ti viene iniettata e, passando attraverso l’ago, entra nel corpo.
Barbara, molte immagini nel film sono legate all’acqua: quella che abbiamo appena spiegato, le fotografie che si perdono in essa, i bagni in mare. Perché è cosi importante questo elemento?
Perché Hector le è sempre stato legato e le ha sempre voluto rimanere vicino. La nostra casa a Bahia, la casa del nostro amore, quella che abbiamo costruito insieme, era di fronte al mare. Quindi l’acqua è sempre stata un elemento per lui fondamentale perché da essa è nato e ad essa, alla fine, è tornato.
Tu nel film compari molto poco. Eppure, la scena più bella ed emozionante è quando balli apparentemente felice e praticamente nuda sotto la pioggia. Ancora acqua, forse fatta di tutte le lacrime che in quel momento non potevi versare. Come ci sei riuscita?
(Scoppia nuovamente a piangere) La risposta è semplice: per amore. Hector me lo ha chiesto e io l’ho fatto. Così, semplicemente.
Un’ultima cosa: Hector era famoso per avere una personalità molto forte, tutta la sua vita lo dimostra. Eppure quando ti guarda nel film si vede chiaramente che i suoi occhi sono carichi di tenerezza…
Si, è vero. Tutti mi hanno sempre detto che io lo avevo cambiato, che lo avevo reso più tenero.